Pelle artificiale sensibile alla pressione da Stanford

La pelle artificiale creata dai ricercatori della Stanford University rileva la pressione e invia i corrispondenti segnali elettrici al cervello.
La pelle artificiale creata dai ricercatori della Stanford University rileva la pressione e invia i corrispondenti segnali elettrici al cervello.

Gli ingegneri della Stanford University hanno creato una pelle artificiale che rileva la pressione e invia l’input sensoriale al cervello. L’importante risultato potrebbe essere applicato alle protesti di mani e arti, consentendo alle persone amputate di “sentire" la differenza tra un semplice tocco e una vigorosa stretta di mano. Zhenan Bao, professore di ingegneria chimica e responsabile del progetto, ha impiegato oltre 10 anni per sviluppare un materiale simile alla pelle umana.

La pelle artificiale è stata realizzata con una plastica a due strati. Lo strato superiore integra un sensore sensibile alla pressione, mentre lo strato inferiore trasporta i segnali elettrici e li traduce in stimoli biochimici compatibili con le cellule nervose. Cinque anni fa, il team di ingegneri aveva usato plastica e gomma come sensori di pressione per misurare la naturale elasticità della loro struttura molecolare. Per sfruttare la sensibilità alla pressione, i ricercatori hanno integrato nella plastica miliardi di nanotubi di carbonio che, quando schiacciati, conducono elettricità.

Questo sensore plastico mima la pelle umana, trasmettendo informazioni sulla pressione al cervello tramite impulsi elettrici. Dato che, all’aumentare o diminuire della pressione, aumenta o diminuisce la quantità degli impulsi elettrici, il cervello riesce a distinguere tra un tocco lieve e una stretta di mano.

Il circuito flessibile è stato realizzato con una tecnologia sviluppata da PARC (divisione di ricerca della Xerox), che prevede l’uso di una stampante a getto d’inchiostro per depositare il circuito sulla plastica. Per dimostrare che il segnale elettronico può essere riconosciuto dalle cellule nervose, il team ha usato la optogenetica per creare neuroni sensibili a specifiche frequenze di luce. Il segnale di pressione rilevato dalle pelle artificiale viene tradotto in impulsi di luce che attivano i neuroni. Al momento, però, questa tecnica non è applicabile agli esseri umani (l’esperimento è stato effettuato con topi geneticamente modificati).

Gli ingegneri di Stanford svilupperanno in futuro sensori in grado di rilevare gli altri input sensoriali riconosciuti dalla pelle umana, come la differenza tra velluto e seta o tra un bicchiere di acqua fredda e una tazza di tè caldo. Chiaramente si tratta di un progetto che richiederà molti anni.

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