Google Magenta: il lato creativo dell'IA

Un'iniziativa messa in campo da bigG per capire se, e in che modo, l'intelligenza artificiale sarà mai in grado di creare una vera e propria forma d'arte.
Un'iniziativa messa in campo da bigG per capire se, e in che modo, l'intelligenza artificiale sarà mai in grado di creare una vera e propria forma d'arte.

A cosa serve l’intelligenza artificiale? A favorire l’interazione tra l’uomo e la macchina mediante un linguaggio naturale, a semplificare e velocizzare compiti ed elaborazioni, ma non solo. L’IA sarà in grado di simulare il processo cognitivo proprio dell’essere umano anche per quanto riguarda la creatività. Un fronte sul quale Google ha già dimostrato di recente di essere all’avanguardia, con progetti come la mostra di quadri creati dagli algoritmi.

Il prossimo step del gruppo prende il nome di Magenta. Un’iniziativa messa in campo dallo stesso team che si occupa di machine learning applicato a servizi come le traduzioni online, Inbox o Google Foto. Basato sull’architettura open source di TensorFlow, è un sistema concepito per creare musica e arte. La presentazione ufficiale andrà in scena nella giornata di mercoledì 1 giugno, ma in occasione dell’evento Moogfest di Durham (North Carolina) ne è stata data una dimostrazione in anteprima: la tecnologia ha suonato in modo completamente autonomo una riproduzione digitale del sintetizzatore Moog, lo stesso protagonista di un doodle nel 2012, in verità con esiti non troppo convincenti. Il risultato è visibile in streaming di seguito.

L’obiettivo è in primis quello di rispondere a due domande: “Le macchine possono creare musica e arte”, “Se no, per quale motivo?”. Il programma non è del tutto inedito: il ricercatore Nick Collins da tempo compone canzoni basandosi sull’impiego di algoritmi e machine learning, tanto da arrivare a portare in scena un intero musical (Beyond the Fence) e società come Jukedeck permettono di generare istantaneamente un sottofondo sonoro adatto al contenuto dei propri video.

Dopo aver studiato e provato a simulare le forme di comunicazione verbale e scritta dell’uomo, l’IA proverà dunque a spingersi oltre, emulando la sensibilità necessaria alla creazione di una forma d’arte. Ciò nonostante (c’è da augurarselo), difficilmente un software arriverà a rimpiazzare un compositore in carne ed ossa, il suo tocco personale e la sua espressività, spesso strettamente legata a caratteristiche non convertibili in un freddo modello matematico.

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