Musica e royalties: Apple contro l'ascolto free?

Apple propone un sistema semplificato e più generoso per il pagamento delle royalties derivanti dallo streaming, ma potrebbe limitare i servizi gratuiti.
Apple propone un sistema semplificato e più generoso per il pagamento delle royalties derivanti dallo streaming, ma potrebbe limitare i servizi gratuiti.

Apple punta a royalties più generose per lo streaming musicale, una proposta che potrebbe rendere complicata la sopravvivenza di servizi che propongono l’ascolto di brani anche in modalità gratuita. È quanto emerge da un report di Billboard, testata che sostiene come il gruppo di Cupertino sia intenzionato a proporre un sistema di pagamento semplificato e più generoso per gli artisti.

Secondo quanto riportato dalla pubblicazione statunitense, Apple avrebbe proposto all’U.S. Copyright Royalty Board un metodo semplificato per corrispondere le royalties derivanti dallo streaming ad autori, musicisti ed etichette discografiche. La società di Cupertino, proprietaria di Apple Music, mira a tariffe fisse che siano “eque, semplici e trasparenti”, per abbattere “la struttura incredibilmente complicata attualmente esistente”. Per farlo, il gruppo ha suggerito un prezzo di 9.1 centesimi ogni 100 riproduzioni di un brano, un fatto che potrebbe equiparare questi stream al prezzo di un download digitale. Una proposta che, per quanto sia migliore per artisti ed etichette, secondo Billboard rischia di complicare la sopravvivenza di servizi di streaming gratuito, quali Spotify e YouTube.

Così come spiegato dalla testata statunitense, il sistema oggi in vigore risulta estremamente complicato. Le società corrispondono dal 10,5 al 12% dei loro guadagni tramite formule di revenue sharing. Il calcolo è determinato dalla somma di diversi fattori, quali il numero delle riproduzioni, le performance pubbliche e molto altro ancora, per giungere a un prezzo finale che viene poi corrisposto agli editori e alle società collegate. I vari servizi di streaming, tuttavia, oggi possono comunque negoziare accordi differenti con le singole etichette.

Non è noto se il Copyright Royalty Board prenderà in considerazione la proposta di Apple, poiché un panel di tre giudici si troverebbe ancora agli stadi preliminari per definire le tariffe che saranno scelte dal 2018 al 2022. Qualora l’idea targata mela morsicata dovesse entrare a tutti gli effetti nella definizione dei compensi di streaming, però, i compensi rischierebbero di essere troppo elevati per quelle società che, oltre agli abbonamenti, offrono anche forme di streaming gratuito. Lo sguardo è verso Spotify, il leader di settore, piattaforma che da sempre offre l’accesso gratuito al catalogo poiché supportato dall’advertising, oltre alle normali sottoscrizioni mensili.

Secondo alcuni analisti, nonché la stessa Billboard, la strategia di Apple potrebbe essere utile all’azienda proprio per ridurre la concorrenza dei gettonati rivali gratuiti, affinché siano progressivamente costretti a imporre piani d’abbonamento ai loro utenti. Un fatto, tuttavia, di cui non è possibile prevedere gli effetti al momento sul mercato: non è conseguenza immediata, infatti, che gli ascoltatori privati di proposte gratuite si abbonino a servizi a pagamento. E con il successo di queste piattaforme nell’arginare la pirateria, il rischio di fare passi indietro è più che concreto.

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