Spotify: i dati degli utenti agli inserzionisti

La piattaforma di streaming musicale ha deciso di vendere agli inserzionisti alcune informazioni sugli utenti come l'età, il genere e i brani ascoltati.
La piattaforma di streaming musicale ha deciso di vendere agli inserzionisti alcune informazioni sugli utenti come l'età, il genere e i brani ascoltati.

Chi si affida alla formula gratuita di Spotify per il tappeto sonoro delle proprie giornate accetta di ascoltare inserzioni pubblicitarie tra un brano e l’altro. In realtà, il prezzo da pagare è ben più alto di qualche secondo d’attesa per avviare la riproduzione delle proprie canzoni preferite. I dettagli sono stati svelati oggi in un comunicato comparso sul sito ufficiale della piattaforma di streaming. Si parla di advertising programmatico.

In altre parole, l’azienda metterà a disposizione degli inserzionisti alcuni dati relativi agli utenti, come l’età, il genere, i brani cercati le playlist salvate ecc. Le informazioni saranno vendute a terzi, così da far ascoltare a chi si affida alla versione free di Spotify pubblicità in linea con i gusti personali e dunque più efficaci. Si parla di un totale di account coinvolti che supera i 70 milioni (altri 30 milioni hanno scelto la formula Premium a pagamento), distribuiti in 59 paesi di tutto il mondo.

Conoscendo la musica ascoltata, se una persona è maschio oppure femmina e la sua fascia d’età (oltre che il paese di residenza), gli inserzionisti saranno in grado di mettere in onda uno spot piuttosto che un altro, aumentando le probabilità di attirare l’attenzione di chi ascolta spingendo all’acquisto di un prodotto o alla sottoscrizione di un servizio.

Oggi abbiamo ufficialmente abilitato l’acquisto programmatico del nostro advertising audio a livello globale. Collaboriamo con tre delle più grandi e affermate piattaforme di questo ambito, AppNexus, Rubicon Project e The Trade Desk, per offrire agli acquirenti l’accesso ad oltre 70 milioni di fan che utilizzano Spotify Free.

Le pubblicità in questione avranno una durata variabile da 15 a 30 secondi. Si tratta di una delle strategie messe in campo da Spotify per cercare di colmare un buco da oltre 200 milioni di dollari nelle casse del gruppo, principalmente causato dalle uscite legate al pagamento delle licenze necessarie per la riproduzione dei brani.

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