Gli ebook da portarsi in vacanza questa estate

I robot che toglieranno il lavoro, i social network nella nostra vita, il potere della Silicon Valley: qualche ebook per riflettere sui nostri tempi.
I robot che toglieranno il lavoro, i social network nella nostra vita, il potere della Silicon Valley: qualche ebook per riflettere sui nostri tempi.

Il futuro della società quando impatterà con la robotica e l’intelligenza artificiale. I cambiamenti delle nostre abitudini, che ruotano attorno alle piattaforme che stravolgono i mercati. L’invadenza “buona” dei social e delle applicazioni nella nostra vita quotidiana, che però ha lati oscuri meno pubblicizzati, da quelli macropolitici alla semplice necessità, ogni tanto, di staccare, di andare offline. Quante volte Webnews ha parlato di questi temi, ma per i lettori che vogliono approfondire e riflettere l’estate può essere occasione per portarsi sotto l’ombrellone alcuni ebook davvero ben scritti. Ecco la nostra selezione.

All’ombra dei robot

“Il nostro futuro”, di Alec Ross

Per alcuni anni Alec Ross ha girato il pianeta per catturarne il futuro. Secondo il principio per cui esso è già presente ma, come diceva Philip Dick, “malamente distribuito”, il consigliere per l’innovazione al Dipartimento di Stato retto da Hillary Clinton – un po’ l’omologo di Paolo Barberis a Palazzo Chigi (e sempre ricordando che dal mese prossimo arriverà Diego Piacentini) – ha deciso di raccontare, a freddo, le sue analisi dopo aver lasciato l’incarico. Ora che insegna alla Columbia e organizza conferenze sulla sua esperienza può parlare pubblicamente di ciò che prima aveva detto soltanto alle persone più influenti del mondo.

Alec Ross .

Alec Ross, 44 anni, è un esperto di politica tecnologica americana che è stato Senior Advisor per l’innovazione del Segretario di Stato Hillary Clinton per la durata del suo mandato fino al 2013. Dopo aver lasciato il Dipartimento di Stato ha aderito alla Scuola di affari internazionali, alla Columbia University come senior fellow ed è l’autore del libro “Il nostro futuro” (The industries of the future), un best seller tradotto in 15 lingue.

Il libro,

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“Il nostro futuro”, presentato di recente anche a Roma con un intervento di Matteo Renzi, è una summa per capitoli delle principali trasformazioni derivanti dalla tecnologia. Impatti pesantissimi ai quali potremmo non essere preparati, dalla ricerca genetica alla cybersecurity, alla rivoluzione dei Big Data. In esso evidenzia le ricadute sulle decisioni che ognuno di noi dovrà prendere nei prossimi vent’anni. Cosa studiare e cosa far studiare ai nostri figli, che lavoro scegliere, come investire i risparmi.
Di questo libro si è parlato tantissimo e forse anche per questo, considerando l’osservatorio privilegiato dal quale partiva, ha deluso le aspettative di chi attendeva rivelazioni meno scontate. Il principale pregio del testo è forse anche il suo difetto: è molto chiaro e cerca il lato positivo, certamente sincero in quello che dice, ma potrebbe non aver detto tutto. In particolare resta in disparte una critica più alta al sistema della Silicon Valley, considerato più che altro un modello abilitante che l’Europa dovrebbe copiare invece di frenare. Sarà per questo motivo, o forse perché ci crede davvero, ma secondo Ross l’Italia non è affatto tagliato fuori. Anzi è un Paese che ha dalla sua intelligenza e creatività.

GIUDIZIO: Un libro da leggere per avere un’idea precisa della visione “costruttiva” del rapporto fra cambiamenti tecnologici e cambiamenti sociali.

“Al posto tuo”, di Riccardo Staglianò

Le macchine hanno sempre rimpiazzato gli uomini. Prima però lo facevano nei compiti pesanti, colpendo i colletti blu. Ora sostituiscono il lavoro dei colletti bianchi. Insomma, le macchine ci stanno rimpiazzando per davvero. Il giornalista Riccardo Staglianò, che tutto può essere considerato fuorché un apocalittico tecnologico, è partito da un dato di fatto per giustificare questo suo viaggio raccontato in

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“Al posto tuo”: l’accelerazione della robotica e dell’intelligenza artificiale sta distruggendo più posti di quanti non riesca a creare. Che vada sempre così non è detto, certamente però non ha più senso accontentarsi delle statistiche del passato visto che potremmo essere di fronte a una singolarità. Nessuno poteva immaginare fino a pochi anni fa l’ibridazione fra grandi piattaforme e robot.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò, 47 anni, giornalista di Repubblica, già nei primi anni duemila per il Corriere raccontava dalle pagine del suo blog, Presi nella rete, i cambiamenti imposti dal web nell’economia e nella società. Ha insegnato new media e giornalismo all’Università Roma 3 e ha portato per primo la Ted conference in Italia, nel 2011. Tra le sue pubblicazioni, una biografia non autorizzata su Bill Gates e un reportage sul fenomeno di Occupy Wall Street.

L’autore del saggio citando Vonnegut descrive un mondo algoritmico di giornalisti, consulenti finanziari, operatori di call center automatici, non umani. Il concetto guida del libro è che l’intero sistema occupazionale di medio-alto livello è minacciato, così come quello della produzione in serie. Cosa fare? La tesi principale del libro, in questo diversa da quella di Alec Ross, è che siano necessarie delle contromisure radicali e che vadano prese molto presto. Insomma ci vuole politica, indirizzo, anche ragionando senza pregiudizi sulla possibilità della fine del lavoro, almeno così come l’abbiamo pensato per più di un secolo, quando il lavoro non era solo soldi, economia, ma anche identità.

GIUDIZIO: Un reportage giornalistico che non vuole terrorizzare ma neppure illudere. Allo stato attuale avremo molti problemi.

Le piattaforme immateriali

“Free: La fine dell’industria discografica”, di Stephen Witt

Il potente discografico Doug Morris, Karlheinz Brandenburg, l’ingegnere tedesco inventore dell’mp3, e Dell Glover, il più grande pirata musicale di sempre, il “paziente zero” della rivoluzione che ha cannibalizzato l’industria musicale catapultandola nell’era attuale, quella dello streaming, di Spotify, della crisi dei supporti e della rinascita dei live (e del vinile). Il libro di Stephen Witt,

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“Free”, è stato osannato dal Washington Post, inserito tra le 50 letture imperdibili dell’anno selezionate dai principali giornali americani e si è meritato la citazione di Colin Greenwood dei Radiohead, che pare debbano anche a questa lettura le loro ultime decisioni a proposito della musica digitale.

Stephen Witt

Stephen Witt, 37 anni, laureato in matematica a Chicago, ha lavorato per sei anni negli hedge found giocando in Borsa. A seguito di un periodo di due anni in Africa orientale in un progetto per lo sviluppo economico, si è laureato presso la Graduate School of Journalism della Columbia University nel 2011. Vive a Brooklyn. Il suo libro, Free, è stato osannato dal Washington Post e il New Yorker anche per la sua franchezza e ricchezza di aneddoti sul clima piratesco degli anni ’90, vissuti dallo stesso autore, che ha confessato di essere stato «un pirata digitale su scala industriale».

Finalmente tradotto per l’Italia, è un’ottima lettura per capire come da un giorno all’altro un’innovazione tecnologica può stravolgere un’industria e come spesso le rivoluzioni sono fatte da poche persone, mentre tutti gli altri sono vittime o consumatori.

L’autore riesce ad appassionare grazie a uno stile a metà fra inchiesta giornalistica e romanzo d’azione, ma è frutto di anni di ricerca che ripercorre ogni tappa dell’era della pirateria: dalle prime piattaforme di file sharing alle indagini dell’Fbi e successivi processi, fino alla legalizzazione che ha permesso ala Apple di trasformare in business un mercato prima clandestino, innovato nuovamente con l’ingresso dello streaming, dove ancora più forte è lo scambio gratuità per dati. Se volete conoscere tutto di questo esempio storico di disruption studiato e citato da tutti, iniziato 15 anni fa, una storia fatta di innovazione, clandestinità, atteggiamento difensivo delle corporation, pirateria, processi in tribunale, sentenze storiche, ingresso di nuovi player e normalizzazione, questo è il vostro libro.

GIUDIZIO: Interessante, scritto come una sceneggiatura, potente come un libro investigativo e affascinante come un romanzo.

“Costruire il domani”, di Stefano Quintarelli

Già le piattaforme, si diceva. Oltre a quelle musicali, questi anni hanno visto la trasformazione totale dell’interfaccia immateriale con la quale le persone si relazionano anche nella loro vita materiale. Nessuno in Italia l’ha capito e spiegato meglio di Stefano Quintarelli, che per dirla egregiamente con Luca De Biase «è una persona che riflette su ciò che fa: perché a “costruire il domani” Quintarelli si è dedicato come scrittore, ma anche come imprenditore, tecnologo e, attualmente, deputato». Nel suo libro, “Costruire il domani”, pubblicato per la collana del Sole24Ore, prima riprende le radici storiche delle dimensioni immateriali del mondo, confrontandole con le tecnologie pesanti del 19° secolo (automobile, telegrafo, aeroplano, cinema, e via dicendo) che in tutti gli ambiti hanno generato delle organizzazioni complesse sviluppatesi attorno al miglioramento degli standard di vita; proseguendo nella lettura si trova l’analisi di come l’immateriale cambia il materiale a causa della digitalizzazione che sgancia il traino istituzionale a quello tecnologico, e infine si arriva a uno scenario di proposte, una più interessante dell’altra: il futuro del cinema, dei giornali, del commercio, del turismo, del lavoro stesso secondo una visione che intende correggere attivamente l’accelerazione incrementale della tecnologia, senza colpevolizzarla nonostante, come scrive l’autore, «molti di noi si sentono più incerti, insicuri, e le nostre vite più in balia di fattori ingovernabili».

Stefano Quintarelli

Stefano Quintarelli, 51 anni, politico, informatico, blogger, deputato dal 2013. Prima ancora di laurearsi in Scienze dell’Informazione all’Università degli Studi di Milano, dove tra i suoi docenti ha conosciuto Gianni degli Antoni, uno dei padri putatativi della Rete in Italia, era già un pioniere di Internet, fondando MI.NE.R.S. (Milano Network Researchers and Students), la prima associazione telematica studentesca italiana che ha realizzato la prima rete indipendente di posta elettronica in Italia ed il primo sistema telematico per l’iscrizione ad esami universitari. Di seguito ha praticamente messo la sua impronta su tante prime volte italiane: il primo Isp commerciale, le prime reti civiche. È stato uno dei fondatori di CLUSIT, e presidente dell’Associazione italiana internet provider (AIIP). Il Corriere della Sera l’ha votato come uno dei 30 imprenditori più innovativi in Italia. Nella sua attività in Parlamento è riuscito a far votare alcuni emendamenti e leggi che hanno spostato in avanti lo status nazionale a proposito delle tecnologie e della Rete. Nel 2014 è stato nominato presidente del Comitato di Indirizzo dell’Agenzia per l’Italia digitale. Uno dei momenti topici della sua attività è sicuramente il 10 febbraio 2015, quando portò in aula una sua proposta di emendamento alla legge di riforma costituzionale che attribuisce allo Stato il compito di coordinare l’informatica pubblica e, pur avendo il testo il parere contrario di governo e dei due relatori in commissione, riuscì dopo un acceso dibattito a farlo votare all’unanimità. Fatto mai accaduto prima nella storia repubblicana.

Dei libri suggeriti, questo è inevitabilmente il più tecnico, ma anche quello più sostanzioso e ambizioso. Soprattutto, politico. Nel senso migliore che si può dare a questo termine. Costruire il futuro passa dalla conoscenza di cosa è accaduto a un tale livello da avere il timore di non averne più uno: prospettiva sbagliata, che blocca i decisori e spaventa i cittadini. Quintarelli, come dimostra la sua stessa attività in Parlamento, la vede decisamente all’apposto.

GIUDIZIO: È Stefano Quintarelli. Basta il nome. Da leggere.

Combatti il sistema

“I signori del silicio”, di Evgeny Morozov

La carrellata di libri sulla falsariga “Quanto ci hai deluso, Internet” è davvero impressionante, ma è un bene: affrontando, per smontarli, i falsi miti salvifici di Internet si contribuisce all’educazione digitale e si aiuta l’opinione pubblica a comprendere la natura eminentemente capitalistica degli OTT, che spesso hanno l’interesse a dipingersi come facitori di lifestyle, non di soli prodotti. Tuttavia sugli scaffali si trovano molto spesso libri che seguono semplicemente la moda e banalizzano terribilmente la questione, lanciando allarmi che mirano a vendere soltanto qualche copia in più e a partecipare ai dibattiti, ma non centrano mai la questione perché si accontentano di demonizzare, personalizzandola, l’infrastruttura e tutto quello che contiene, fino al punto di sfiorare un neo-luddismo piuttosto ridicolo. Ecco perché se proprio si vuole affrontare l’argomento bisogna andare da chi lo segue da anni e con serietà, cioè Evgeny Morozov.

Giornalista e accademico, Morozov ha già pubblicato in Italia saggi dai titoli inequivocabili come “Contro Steve Jobs” o “Internet non salverà il mondo”, e questa primavera Codice edizioni ha tradotto il suo ultimo lavoro (per mano di Fabio Chiusi, probabilmente il giornalista e saggista che più gli somiglia in Italia per temi, orientamento e qualità degli interventi):

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“Silicon Valley: I signori del silicio”, 150 pagine di densità e chiarezza formidabili.

Evgeny Morozov

Evgeny Morozov, 32 anni, sociologo e giornalista bielorusso, è una delle punte di diamante del pensiero mondiale sul rapporto fra tecnologia e politica. Noto per le sue posizioni in controtendenza rispetto ai toni spesso trionfalistici a proposito di Internet, quello che lui definisce “cyber-ottimismo”. Ricercatore e docente presso molte università americane, i suoi articoli sono ospitati sulle maggiori testate del mondo: il New York Times, Wall Street Journal, Financial Times, The Economist, The Guardian. Alla critica dell’Internet-centrismo ha dedicato anche tutti i suoi libri, compreso l’ultimo, “I signori del silicio”, dove punta il dito contro il territorio madre: la valle californiana sede di gran parte delle web company multinazionali.

In un certo senso, Morozov passa in questo saggio dalla critica agli oggetti e agli inventori alla critica al sistema, un’evoluzione dello sguardo che è l’equivalente dell’analisi marxista di fine Ottocento rispetto ai grandi padroni industriali: in quella società il lavoro vivo era soltanto un mezzo per moltiplicare il lavoro accumulato e l’operaio viveva solo allo scopo di accrescere il capitale; in questa, mutatis mutandis, la mobilitazione volontaria degli utenti della Rete, consumatori di social network, sharing economy e quant’altro, è una partecipazione inconsapevole all’accumulazione di denaro prodotto dai loro stessi dati personali, in uno schema dove è fondamentale la narrazione secondo cui concederli è bello, migliorativo, persino vitale. Secondo l’autore, Google, Facebook, Apple, Amazon e compagnia sono l’incarnazione stessa del capitalismo più sfrenato, mascherato dietro la suadente retorica della rivoluzione digitale che ha conquistato le nostre vite con risultati aberranti, tra i quali la morte della privacy, la contrazione dell’azione politica, la disponibilità di massa a fare da cavie, la ridefinizione di economia e libertà alla quale l’autore contrappone, in un ultimo, radicale capitolo – «disconnettersi e basta» – un invito che prende le mosse da un aneddoto su Flaubert, quando lo scritto francese scoprì il valore del silenzio e della contemplazione.

GIUDIZIO: La voce più nota e autorevole tra coloro che puntano il dito contro la Silicon Valley. Di questi tempi ci vuole coraggio. Morozov mette anche gli argomenti.

“Le confessioni di un nerd romantico”, di Federico Mello

Disconnettersi. Seriamente? Il nostro ultimo suggerimento di lettura è proprio un libro, scritto dal giornalista e blogger Federico Mello. Autore per Il Fatto Quotidiano, l’Huffington Post, per Servizio pubblico su La7, consulente di Ballarò su Rai3, Mello è un esperto di social media e come tutti gli esperti è anche un giornalista totalmente immerso nella Rete, della quale si è occupato in questi anni parlando anche degli effetti sulla politica italiana. Da studioso ha finito però con il colmarsi, vivendo l’always-on come una sorta di inquietante promessa dittatoriale. Il nostro tempo è sotto assedio, dice Mello, ma invece di analizzare l’intero sistema dal punto di vista socio-economico, come Morozov, preferisce partire dal lato opposto. Quello individuale, personale.

Federico Mello

Federico Mello, 39 anni, blogger dal 2005, è un giornalista esperto di media. Per Il Fatto Quotidiano ha curato la pagina quotidiana Mondo Web ed è stato direttore del sito web del quotidiano Pubblico. Da anni si interessa dei movimenti civici e dell’attivismo online, ha scritto del Popolo viola come del Movimento Cinque Stelle. Di quest’ultimo ha anticipato diverse criticità esplose soltanto tempo dopo. Sostiene che il suo grande amore è la Rete, ma nel suo ultimo libro, “Le confessioni di un nerd romantico”, elabora una manifesto partendo da una esigenza personale di disconnessione, parlando anche dell’importanza di una nuova forma di tolleranza nelle comunità online.

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“Le confessioni di un nerd romantico” è davvero una confessione autentica, scritta in prima persona, orgogliosamente pacifica e nostalgica, di quanto egli per primo senta il bisogno di recuperare il tempo, per migliorare l’esistenza. Consapevole, all’inizio del libro, del rischio di essere preso per pazzo («proprio tu che navighi come un capitano di vascello nei marosi agitati e gloriosi del futuro, proprio tu hacker degli algoritmi e delle emozioni che hai costruito con il tuo nome un monumento alle reti sociali, ora dici che dovremmo invertire la rotta, tornare indietro?»), puntella i perché ossessivi sulle cose – perché ci è sfuggito il controllo? perché ha avuto conseguenze sulla mia vita privata? – che diventano i nostri perché. I perché di tutti.

Lontanissimo da un saggio anti tecnologico e dalla posa autobiografica di chi pretende di essere “diverso”, Mello ha scritto un libro molto piacevole e acuto che, un po’ come quei libri che si prendono senza tanta convinzione per smettere di fumare, riesce miracolosamente nello scopo. E il bello è che in neppure una riga si trova ostilità, aggressività, giudizio. Piuttosto una strepitosa elencazione nerd di statistiche, teorie filosofiche, conquiste storico antropologiche e molto altro. Confessioni di un nerd romantico scioglie l’apparente ossimoro (un nerd “romantico”?) nella più ovvia delle spiegazioni: l’accelerazione iperbolica di tutto, comprese le connessioni, sono parte integrante delle nostra evoluzione, ma se davvero vogliamo essere intelligenti dobbiamo connetterci con la nostra parte biologica, rimasta un po’ indietro ma anche più saldamente ancorata alla vera natura dell’evoluzione, cioè la capacità di sopravvivenza. La morale del libro è che la salvezza può venire dallo scoprire di nuovo la corporeità, la dimensione del tempo, della tolleranza rispetto ai tempi di tutti. Insomma, una via sostenibile alla vita tecnologica dove consapevoli di essere anche “portati” diventiamo più abili portatori.

GIUDIZIO: In modo accattivante Mello riesce a criticare la nostra dipendenza dalle tecnologie senza risultare antipatico. In equilibrio tra saggio e confessione spontanea, semi letteraria, inventa un tipo che piacerà molto: il nerd romantico.

Extra – Ebook gratuito

“Cortocircuito: giornalismo ai tempi del digitale”

«Tavolo rovesciato. Verticalità bidirezionale. Ecosistema d’informazione livellato. Spreaded storytelling. Buzz plurality. Confine mobile. Sono solo alcune delle definizioni coniate nel corso degli ultimi due anni per provare a inquadrare quella che secondo molti addetti ai lavori è la next big thing del mondo dei media, carica di rischi ma anche di opportunità: la contaminazione fra comunicazione aziendale e informazione». In questo incipit è riassunto l’ebook gratuito ”

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Cortocircuito: giornalismo ai tempi del digitale” che scaturisce direttamente dalla scorsa edizione del Festival del Giornalismo di Perugia. Scritto da vari autori, frutto dell’estrapolazione degli interventi al festival, ferma in un testo quella discussione nata per capire come stanno evolvendo le relazioni tra aziende, PR, giornali e altri stakeholder.

Cortocircuito: il giornalismo ai tempi del digitale

Cortocircuito: il giornalismo ai tempi del digitale (una coproduzione di Eniday e IFTStudio)

Il libro è una produzione congiunta di Eniday e IFTStudio che mette in evidenza il cortocircuito che si è venuto a creare in un meccanismo da troppi anni uguale a sé stesso: l’avvento delle nuove tecnologie ha rimescolato le carte, confuso i ruoli e ibridato i meccanismi, tanto da rendere ormai confuso il tutto a chi tenta di guardare al settore con onestà intellettuale. Ma il cortocircuito non è giocoforza negativo, anzi: è foriero di opportunità e cambiamento, di cui potranno approfittare coloro i quali capiranno in anticipo dove ci sta portando questa rapidissima evoluzione. Questioni fondamentali per giornalisti, professionisti della comunicazione e aziende.

GIUDIZIO: Abstract essenziale di quanto accaduto in un dedalo di eventi ad alta caratura quale il Festival del Giornalismo. Utile per chi c’è stato, utilissimo per chi se lo è perso, fondamentale per chi vuol ragionare su quale direzione stia prendendo il mondo dell’informazione.

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