Il primo bambino nato da tre genitori

Un trattamento mai sperimentato prima ha portato alla nascita di un bambino che ha il codice genetico di tre persone differenti: un padre e due madri.
Un trattamento mai sperimentato prima ha portato alla nascita di un bambino che ha il codice genetico di tre persone differenti: un padre e due madri.

La sindrome di Leigh, nota nella letteratura medica anche come encefalopatia necrotizzante subacuta, è una patologia che colpisce i più piccoli bloccandone lo sviluppo psicomotorio e portando alla morte entro i primi sei o sette anni di vita. Dopo aver perso due figli a causa della malattia e aver affrontato un totale di quattro aborti, una donna ha dato alla luce un terzo figlio ricorrendo ad un metodo mai sperimentato in precedenza: è il primo bambino al mondo nato da tre genitori.

La procedura si chiama Spindle Nuclear Transfer ed è estremamente complessa. Essenzialmente, si rimuove un nucleo sano dall’ovulo della madre e lo si trasferisce all’interno di quello fornito da una donatrice a cui è stato preventivamente rimosso il nucleo. Il risultato è un gamete che racchiude il DNA nucleare della madre e il DNA mitocondriale della donatrice. Si procede poi alla fecondazione con il seme del padre e l’embrione è infine impiantato nel grembo materno. Il codice genetico risultante è dunque ereditato da tre differenti persone. Ad occuparsene il dott. John Zhang, endocrinologo riproduttivo del New Hope Fertility Center di New York City. Queste le sue parole.

È la prima volta, almeno per quanto riguarda la riproduzione umana, che una vita viene prodotta da tre parti: un seme maschile e due componenti diverse di altrettanti ovuli. È davvero rivoluzionario.

Il dott. John Zhang e il bambino nato da "tre genitori"

Il dott. John Zhang e il bambino nato da “tre genitori”

Il metodo è certamente destinato a far discutere, prestandosi anzitutto a disquisizioni di carattere etico. Analizzandolo da un punto di vista prettamente scientifico, lo si può accostare ad un intervento dell’uomo in una fase della procreazione che in qualche modo può essere paragonata allo sviluppo software: si identifica un problema, si agisce in modo mirato sull’errore (in questo caso genetico), applicando una sorta di patch correttiva affinché ne risulti un essere privo di difetti tali da comprometterne la qualità della vita.

Forse parlare di riprogrammazione genetica è eccessivo. Di certo c’è chi ha già iniziato a guardare alla ricerca medica e alla tutela della salute con un’ottica inedita, fortemente ispirata alle dinamiche che regolano il processo di correzione dei problemi all’interno dell’universo hi-tech. Una realtà come Microsoft, ad esempio, di recente ha descritto il cancro come un bug che può (potrebbe) essere sconfitto da una patch.

Tornando alla procedura del dott. Zhang, è stata condotta in Messico, poiché attualmente negli Stati Uniti la legge non consente interventi di questo tipo. Il bambino nato da tre genitori oggi ha sei mesi ed è in salute. I medici hanno identificato la presenza del codice genetico responsabile della sindrome in meno dell’1% delle sue cellule, una percentuale ritenuta troppo bassa affinché si sviluppi.

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