Google, Apple e Disney rinunciano a Twitter

Google non sarebbe più interessata a Twitter e anche Disney ed Apple avrebbero rinunciato al social network; in pole position rimane Salesforce.
Google non sarebbe più interessata a Twitter e anche Disney ed Apple avrebbero rinunciato al social network; in pole position rimane Salesforce.

Google, al momento, non avrebbe intenzione di fare un’offerta per l’acquisizione di Twitter. RECODE, citando fonti vicine all’azienda, sottolinea come Big G non sia, al momento, intenzionata a provare ad acquisire il social network. Trattasi di una notizia molto importante perché Google era data come la principale pretendente, l’unica in grado di garantire un’offerta adeguata. Inoltre, Big G sarebbe stata anche l’azienda che avrebbe potuto guadagnarci di più da un’eventuale acquisizione in quanto i suoi tentativi di innovare nei social network non hanno mai dato risultati molto positivi.

Non sarebbe della partita nemmeno Apple che non avrebbe intenzioni di fare alcuna offerta per Twitter. Anche Disney, che sembrava inizialmente interessata ad acquisire il social network, al momento non sarebbe invece propensa a portare avanti alcuna offerta d’acquisto. Questa nuova situazione potrebbe, invece, favorire Salesforce che rimarrebbe tra i pochi big di internet a rimanere in corsa per l’acquisizione di Twitter anche se ufficialmente non ha mai fatto trapelare il suo interesse all’operazione industriale. La notizia della rinuncia di Google non è piaciuta alla borsa dove le azioni di Twitter hanno subito un crollo di circa il 9% in chiusura di contrattazioni.

L’operazione di cessione di Twitter con la rinuncia di big come Google e Disney si va, dunque, a complicare. Eppure il social network punterebbe a chiudere i negoziati entro il 27 ottobre, data in cui la società diffonderà anche i suoi risultati fiscali relativi al terzo trimestre. La strada sembra però farsi complessa: non solo la timeline indica scadenze ravvicinate, ma i potenziali acquirenti vengono meno e anche internamente iniziano ad emergere frizioni.

La fase è dunque delicata: lo è per il management, ma lo è a maggior ragione per gli azionisti. Il titolo era arrivato a valere oltre 60 dollari a inizio 2014, oltre 50 a inizio 2015, è sprofondato a 14 dollari a metà 2016 e oggi gravita attorno ai 20 dollari sulla scia delle notizie che vedono vicino il closing con acquirenti non meglio precisati. Il valore è soggetto a pesante volatilità, ma si tratta di una fase necessaria per capire cosa Twitter voglia, o possa, ancora essere. Perché il problema primo di un social network è avere utenti, interazione e contenuto: quando gli utenti non aumentano, il coinvolgimento non decolla (l’utenza attiva è soltanto una piccola frazione del totale) e i contenuti gravitano verso altre piattaforme, allora il prezzo di cessione è soltanto un problema relativo.

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