Google cancella il lancio del suo braccio robotico

Fallito il toothbrush test di Larry Page: niente commercializzazione per il braccio robotico progettato e sviluppato dalla divisione X di Mountain View.
Fallito il toothbrush test di Larry Page: niente commercializzazione per il braccio robotico progettato e sviluppato dalla divisione X di Mountain View.

Alla fine del 2013, Google ha acquisito alcune realtà operanti nell’ambito della robotica. Tra queste anche Boston Dynamics, azienda che oggi il gruppo di Mountain View sta cercando di vendere, con Toyota fra le società interessate ad un possibile passaggio di consegne. Cosa ha spinto bigG alla decisione? Un calo dell’interesse verso tutto ciò che riguarda l’automazione? Non esattamente.

Se nel caso di Boston Dynamics si può parlare della difficoltà nel generare un ritorno economico nel breve periodo, c’è un altro progetto legato allo stesso ambito cancellato da Google. Si tratta di un braccio robotico sviluppato all’interno della divisione X di Alphabet e inizialmente concepito per offrire una soluzione avanzata per chi opera nell’ambito industriale. Un’unità capace di imparare ad eseguire azioni in maniera autonoma grazie al machine learning, come dimostra il video in streaming di seguito: il braccio è in grado di aprire correttamente una porta agendo sulla maniglia, nonostante l’operatore ne cambi continuamente la posizione e l’orientamento.

Secondo fonti interne, il progetto sarebbe stato accantonato e l’idea di procedere alla sua commercializzazione cancellata. Questo perché il robot non avrebbe superato il cosiddetto toothbrush test di Larry Page: secondo il CEO di Alphabet, per poter essere definita davvero efficace, un’apparecchiatura deve tornare utile almeno un paio di volte al giorno, proprio come uno spazzolino da denti.

I prototipi delle braccia robotiche realizzati da Google sono al momento 50, tutti opera di Meka Robotics, un altro dei team acquisiti nel 2013. Ognuno di loro è in grado di sollevare circa 5 Kg. L’idea iniziale era quella di venderli alle realtà industriali per un prezzo inferiore rispetto a quello della concorrenza. Universal Robots, ad esempio, fornisce un modello simile per circa 20.000 dollari.

Cosa abbia spinto bigG ad accantonare definitivamente l’idea non è chiaro, ma potrebbe trattarsi di una strategia riconducibile all’ottica di brand protection: finché non si è certi al 100% che una tecnologia possa risultare priva di difetti e pienamente affidabile, meglio non distribuirla su larga scala, poiché un solo errore potrebbe compromettere l’immagine dell’azienda, oggi tra le più autorevoli e quotate nell’universo tecnologico.

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