Quando i pazienti sono innovatori

Una piccola branca dell'innovazione è fatta da changemaker della salute che sono anche pazienti o persone che vivono direttamente la malattia.
Una piccola branca dell'innovazione è fatta da changemaker della salute che sono anche pazienti o persone che vivono direttamente la malattia.

Conoscere da vicino l’autismo e creare una piattaforma all’avanguardia per la terapia sui bambini tramite robot umanoidi. Sentirsi dire di avere il linfoma di Hodgkin e realizzare un’applicazione per orientare gli altri pazienti oncologici nel percorso di cure. Restare paraplegico dopo un incidente in motocicletta e non accontentarsi di una carrozzina da spingere, ma ripensarla in modo così profondo, integrando design e nuove tecnologie, da aver inventato una nuova mobilità intelligente. Avere diverse competenze e metterle assieme in una community di mille volontari per stampare oggetti medicali in 3D a costi bassi. Conoscere le lingue e dedicarsi gratuitamente alla traduzione delle cartelle cliniche per bambini gravemente malati. L’ultimo incontro di MeetSanofi a Milano è stato un bagno di umanità, di ispirazione e di concretezza a proposito di innovazione.

I changemakers sono quegli innovatori che creano soluzioni per migliorare la vita quotidiana attraverso nuove tecnologiche e idee personalizzate. Quando però le tecnologie vengono plasmate su misura dagli stessi pazienti-innovatori nel mondo della salute, siamo in un terreno eccezionale, che parte dall’ingegno individuale e arriva alla cura di tutte le malattie a cui pensa la fondazione di Mark Zuckerberg e Priscilla. All’ultimo incontro, per quest’anno, di #meetsanofi, se ne è parlato su almeno tre livelli: il contesto di un possibile conflitto tra sviluppo tecnologico ed etica, così come il rischio di confondere applicazioni utili ma non medicali, non certificate dagli istituti sanitari. Il contesto generale, ad un livello più esteso, è la grande fiducia delle persone verso le tecnologie per quanto riguarda la loro salute.

Al palazzo di Sanofi a Milano, prima della presentazione dei cinque progetti selezionati, e presentati da Giampaolo Colletti, sono intervenuti i giornalisti Martina Pennisi e Federico Ferrazza. Per quest’ultimo, un mondo dove ci sono già 1300 robot-chirurghi, dove si parla di software proprietari per la genomica, l’impatto della tecnologia non può essere valutato solo nei termini positivi della prevenzione e cura delle malattie, ma anche dei temi etici. Martina Pennisi ha condiviso col pubblico una serie di sondaggi che mostrano la forte aspettativa delle persone a proposito del rapporto tecnologia-salute, modalità che “stresserà” Università, startup, centri di ricerca, per soddisfare questi bisogni. Il mercato sta già reagendo con importanti investimenti sugli IoT indossabili, ad esempio, ma il futuro ci riserverà ben altro, tanto che sarà necessario riscrivere o chiarire molte norme.

Le storie

Paolo Badano ha inventato Genny Mobility una versione altamente modificata di un Segway, che ha una valenza medicale che di fatto ne fa uno strumento con un pattern totalmente nuovo. A seguito dell’incidente che gli è capitato più di vent’anni fa ha cercato negli anni di migliorare la propria mobilità quotidiana, senza però trovare nulla che lo facesse uscire dai tradizionali schemi: la sedia a quattro ruote non solo appariva limitante e spesso esteticamente discutibile, ma disponeva anche di una tecnologia nettamente obsoleta. C’è voluto molto lavoro, grande volontà rispetto alle resistenze culturali e industriali, ma alla fine il risultato è eccellente: un mezzo auto-bilanciante su due ruote fatto per i disabili, che non abbatte solo le barriere architettoniche ma cambia in meglio la vita delle persone nell’integrazione con gli altri e in società.

Paolo Badano ha realizzato una sedia a due ruote che si muove con il semplice spostamento dell’asse dell’equilibrio del corpo e con un piccolo manubrio. Parigi 2024, occasione nella quale la metropoli francese si candiderà come smart city, ha scelto Genny come una delle tre soluzioni di mobilità simbolo della città intelligente.

Laura Rossi era una dottoranda in radiologia quando le hanno diagnosticato un linfoma. Un’esperienza scioccante, ma ha un’idea tanto semplice quanto geniale: fare una mappa per coloro che dovranno vivere la stessa esperienza. Il suo modello di mappa interattivo è un piccolo capolavoro di focus sull’esperienza del malato: si inseriscono i dati della propria terapia e il sistema genera una mappa che aiuta il paziente a capire cosa lo aspetta, perché, quanto tempo occuperà e cosa c’è in fondo alla strada.

Laura Rossi ha presentato il video di H-Maps: una metafora del bosco dove è facile perdersi per raccontare il senso di straniamento di chi inizia un percorso di terapia oncologica.

Maria Rosaria Buri spende poche parole per Translators 4 Children e in effetti non è necessario: cosa dire di una piattaforma di volontari che traducono le cartelle cliniche dei bambini che a causa delle loro malattie viaggiano per ospedali in paesi stranieri? Sembrerà strano, ma non è previsto alcun servizio di armonizzazione delle cartelle cliniche in Europa e la traduzione, generalmente costosa, è scaricata sui genitori che tornando a casa hanno bisogno di presentare i risultati di certi esami od operazioni ai medici di fiducia. La piattaforma interviene mettendo in relazione chi ha competenze linguistiche con le famiglie che hanno bisogno di traduzione, integrando nel servizio anche dei mediatori scientifici per comprendere i termini più complessi.

Andrea Mezzanzanica è uno dei ragazzi di Open Biomedical Initiative. T-shirt blu come tutti i suoi compagni di questa no-profit globale di supporto alla biomedica tradizionale, hanno creato in soli due anni una piattaforma di sviluppo collaborativo di tecnologie open source (le istruzioni di costruzione scaricabili da internet), realizzabili tramite stampanti 3D , a basso costo e quindi accessibili a chiunque. Per intenderci, sono quelli a cui si è rivolta anche Fabia Timaco, una straordinaria ragazza che sta lavorando al suo arto, completamente personalizzato. Protesi innovative a basso costo, strumentazioni generalmente complesse – come le incubatrici neonatali per i paesi in via di sviluppo – possono cambiare sensibilmente la vita delle persone anche molto distanti dal luogo dove si pensa la soluzione tecnica.

Daniele Lombardo racconta una storia d’amore partendo dai cartoni animati giapponesi degli anni Settanta, fino ai robottini umanoidi dei tempi odierni. La sua Behaviour Labs fa parte della branca della Health Robotics, è una startup innovativa con sede a Catania che è riuscita a “dare un’anima” a dei robot umanoidi; lo scopo è infatti che automi e uomini possano convivere armoniosamente nel nome dell’utilità reciproca tramite soluzioni di edutainment, in questo caso nella difficile interazione tra educatori e bambini autistici. Un bambino autistico ha deficit e peculiarità di comportamento che vanno seguiti con un’attenzione che solo una studiata combinazione di software e robotica può toccare. Grazie alla partnership con il CNR ISASI di Messina, con l’Università Kore di Enna, con IESCUM, (Istituto Europeo per lo studio del comportamento umano), ed al supporto della Fondazione Siciliana per la Venture Philanthropy, si è arrivati a una soluzione che integra le scienze dure (logica, fisica e neuroscienze) e le scienze soft (linguistica, psicologia, filosofia ed antropologia).

Daniele Lombardo gira il paese da un paio d’anni per presentare il lavoro che gli è valso moltissimi premi (a partire da Working Capital nel 2013). Oggi, Behaviour Labs ha destato l’interesse di ingegneri, fiere tecnologiche come Smau, Maker Faire, TEDx.

Cosa ci attende nel futuro?

Come vivremo e gestiremo la nostra salute tra dieci o vent’anni? La domanda si sta facendo sempre più pressante e non a caso è al centro della FrontierHealth, la conferenza di Berlino il prossimo novembre, dedicata alle tecnologie incrementali ed esponziali collegate alla salute. Robotica e Intelligenza artificiale, genomica, realtà aumentata e virtuali sono le principali tendenze che avranno implicazioni sociali rilevanti. Lo ha capito molto bene Sanofi, che pur continuando a fare il suo mestiere – produrre farmaci – si sta concentrando sugli aspetti innovativi della salute, e lo fa sapendo che in futuro i grandi depositi di dati sensibili potrebbero non essere più le industrie farmaceutiche ma i colossi del web che già ne conservano molti altri. Dunque cosa fare? La sfida sarà ingegnerizzare questo passaggio, usare le statistiche, promuovere tecnologie più da advisor che da primi attori dei servizi, aiutare le persone a comprendere la differenza tra ciò che è riconosciuto come farmaco e come Medicina da ciò che non lo è.

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