La rete neurale che genera un metodo crittografico

Google Brain ha creato un'intelligenza artificiale in grado di generare da sé un metodo crittografico per mantenere le informazioni del tutto segrete.
Google Brain ha creato un'intelligenza artificiale in grado di generare da sé un metodo crittografico per mantenere le informazioni del tutto segrete.

Un giorno le macchine saranno in grado di custodire e nascondere informazioni ai loro stessi creatori? Sì, se lo scenario dipinto nell’esperimento condotto dal team Google Brain dovesse tramutarsi in realtà. Il progetto ha impiegato sistemi di deep learning per dimostrare come un’intelligenza artificiale sia in grado di generare da sé un metodo crittografico attraverso il quale proteggere i dati.

A condurre il test sono stati i ricercatori Martín Abadi e David Andersen. Alice, Bob ed Eve, questi i nomi delle tre IA coinvolte. Ognuna addestrata per comunicare con le altre, ma ad Alice è stato assegnato il compito di inviare un messaggio segreto a Bob, che solo quest’ultimo avrebbe dovuto poter decifrare grazie ad una chiave in suo possesso, mentre ad Eve l’incarico di provare a carpirne il contenuto pur senza averla a disposizione.

Una doverosa precisazione. Il messaggio trasmesso è estremamente semplice: una stringa formata da soli 16 bit (0 o 1). Ebbene, dopo circa 15.000 tentativi andati a vuoto, Alice e Bob sono riusciti a mantenere le loro conversazioni private, al sicuro dagli occhi indiscreti di Eve, affinando in maniera progressiva la tecnica crittografica utilizzata.

Questo significa che computer e dispositivi mobile saranno presto capaci di comunicare tra loro mantenendo noi stessi all’oscuro ciò che stanno facendo? Incombe sul genere umano la minaccia di un’entità tecnologica fuori da ogni controllo come quelle immaginate nei romanzi sci-fi? No, non è così. Almeno per il momento. A rendere interessante l’esperimento è però, innanzitutto, il fatto che si tratta dell’ennesima dimostrazione delle potenzialità del machine learning: Alice è arrivata in maniera del tutto autonoma e con il solo crescere del numero dei tentativi a perfezionare la propria tecnica, senza che il suo codice fosse stato espressamente programmato con il metodo rivelatosi poi efficace ai fini della crittografia. Questo il commento di Joe Sturonas dell’azienda PKWARE di Milwaukee (Wisconsin).

L’impiego delle reti neurali è stato reso possibile solo negli ultimi anni, dunque stiamo vedendo solo l’inizio di ciò che sarà possibile fare in futuro.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti