Waymo-Uber: processo rimandato, di nuovo

Emergono nuove informazioni relative all'operato di Uber e legate alla causa intentata da Waymo (Alphabet) per la sottrazione di documenti riservati.
Emergono nuove informazioni relative all'operato di Uber e legate alla causa intentata da Waymo (Alphabet) per la sottrazione di documenti riservati.

Si fa sempre più complessa e intricata la causa legale che vede contrapposte Waymo e Uber: da una parte la divisione di Alphabet al lavoro sulla guida autonoma, dall’altra il colosso del ride sharing accusato di aver impiegato le tecnologie descritte in documenti riservati appartenenti al concorrente, informazioni sottratte in modo non autorizzato dall’ex dipendente Anthony Levandowski.

Il processo che avrà il compito di far luce sulla questione avrebbe dovuto prendere il via nel mese di ottobre, ma l’inizio è stato posticipato una prima volta su richiesta di Waymo, per l’emergere di nuove prove a sostegno della colpevolezza. Stessa dinamica ora, con il primo dibattimento nuovamente rimandato. Sono infatti emersi dettagli in merito a un possibile comportamento tutt’altro che corretto da parte di Ric Jacobs, ex Security Analyst di Uber: avrebbe istruito i propri dipendenti del team di Pittsburg al lavoro sulle self-driving car a comunicare mediante applicazioni come Wickr, che impiegando crittografia e altri accorgimenti a tutela della privacy non lasciano dietro di sé alcuna traccia delle conversazioni. In questo modo, chat e messaggi non sarebbero poi stati utilizzabili come prova in sede legale.

Questo spiegherebbe anche il motivo per cui i 14.000 documenti sottratti da Levandowski non sono mai stati rinvenuti nel sistema informatico di Uber. Tra le informazioni contenute nella nuova documentazione in possesso di Waymo anche quelle che dimostrerebbero l’utilizzo di server esterni all’azienda: è lì che Uber potrebbe aver immagazzinato le proprietà intellettuali poi impiegate (secondo l’accusa) per lo sviluppo di LiDAR e altre componenti destinate alla guida autonoma. Di seguito le parole del giudice William Alsup: la lettera a cui si fa riferimento è ovviamente quella inoltrata da Waymo per chiedere l’ennesimo rinvio.

Dobbiamo sospendere il processo perché, se anche la metà di quanto contenuto nella lettera è vero, costituirebbe un’ingiustizia forzare Waymo a iniziare il processo senza poter dimostrare quanto sostenuto.

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