P2P: ci spiace, il filtro è cosa impossibile

Rispondendo ai consigli giunti dal Congresso circa il filtraggio dei materiali illegali, il P2P United risponde con un due di picche: il filtraggio dei contenuti, vista la struttura decentralizzata della rete, è cosa impraticabile.
Rispondendo ai consigli giunti dal Congresso circa il filtraggio dei materiali illegali, il P2P United risponde con un due di picche: il filtraggio dei contenuti, vista la struttura decentralizzata della rete, è cosa impraticabile.

Il mondo degli sviluppatori del peer-to-peer mette le mani avanti dichiarando apertamente come la propria rete abbia limiti insuperabili in quanto a filtraggio dei contenuti. Questa dunque la risposta al Congresso in seguito al consiglio di iniziare a sviluppare una piattaforma più sicura ed in grado di tutelare soprattutto i minori.

In una lettera al senatore Lindsay Graham, il cosiddetto P2P United (gruppo che unisce alcune tra le maggiori firme del settore) afferma come il filtro sia un accorgimento tecnicamente impraticabile. «Non è che non vogliamo filtrare materiale protetto da copyright o pornografico, è proprio che non possiamo» afferma Adam Eisgrau, executive director del gruppo.

La questione è sicuramente controversa. Il Congresso aveva dato un sommesso via libera al P2P, chiedendo però un controllo etico/legislativo dei contenuti. Ora il P2P United nega la possibilità tecnica della cosa, ma rimane più di un dubbio sulla reale volontà del gruppo di operare qualsivoglia sforzo in tal senso: ogni strumento di filtraggio potrebbe ritorcesi pericolosamente contro il network di file-sharing, ponendo nuovi pericolosi paletti nella battaglia delle major contro il mondo del peer-top-peer.

Le difficoltà tecniche del filtro sono strettamente legate alla struttura stessa del network su cui i vari software di file-sharing indirizzano i propri utenti: essendo sparita la struttura centralizzata dei pionieri del settore (Napster) ed essendosi diffusa, sotto la stessa pressione di major ed interventi legislativi, una struttura completamente decentralizzata, emergono ora le difficoltà inerenti ad un qualsivoglia controllo sui contenuti scambiati.

Il point-to-point, dunque, rimane paradossalmente protetto dalla quella decentralizzazione anarchica in cui è stato sospinto da chi intendeva osteggiare i servizi centralizzati visti come distributori illegali di materiale protetto. La parola passa però ora al Congresso, che fatto tesoro del diniego sopraggiunto dovrà reinterpretare le proprie posizioni e sancire nuovi principi di regolarità.

Il P2P United, per ammorbidire la propria posizione, diffonde comunque sul proprio sito un comunicato dal titolo “Promessa fatta, promessa mantenuta”: attivo infatti “Parent 2 Parent” Resource Center, una sorta di via preferenziale per l’FBI utile al controllo ed alla tutela delle potenziali vittime dei contenuti.

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