Microsoft: Lindows non rispetta la sentenza

Microsoft accusa Lindows e torna in tribunale chiedendo 100.000 euro di penale per ogni singolo giorno di ritardo in cui Lindows non ha rispettato le ingiunzioni della Corte. Da oggi il nuovo dominio www.lin---s.com non è più raggiungibile.
Microsoft accusa Lindows e torna in tribunale chiedendo 100.000 euro di penale per ogni singolo giorno di ritardo in cui Lindows non ha rispettato le ingiunzioni della Corte. Da oggi il nuovo dominio www.lin---s.com non è più raggiungibile.

100.000 euro al giorno di penale per non aver rispettato le ingiunzioni dettate dalla Corte. Questo è quanto chiede Microsoft a Lindows presso gli organi di giustizia asserendo come, al contrario di quanto imposto in Benelux, l’azienda avrebbe continuato a distribuire il proprio sistema operativo utilizzando il proibito nome “Lindows”.

La causa iniziò quando Microsoft iniziò a difendere il proprio marchio asserendo come “Lindows” fosse troppo simile a “Windows”. La controparte si difese confidando nel fatto che la parola “Windows” sia di uso comune, per cui non tutelabile. La causa ebbe esiti diversi di fronte a giurisprudenze diverse, ma ora sono le conseguenze di una delle sentenze a far discutere.

In Benelux, infatti, ha avuto la meglio Microsoft: “Lindows” è un nome che viola i diritti Microsoft, dunque non è più utilizzabile nè a livello di nome a dominio, nè per distribuire il prodotto LindowsOS. In conseguenza di ciò in casa Lindows si è provveduto ad aprire un nuovo dominio appositamente riservato al Benelux: www.lin—s.com/.

Oggi sul sito appare quanto segue: «Important Notice! Sorry, pending our appeal visitors from the Netherlands, Belgium, and Luxembourg are not permitted to access our website or purchase our products.» («Notizia importante! Ci dispiace, ma […] i visitatori provenienti da Olanda, Belgio e Lussemburgo non hanno il permesso di accedere al nostro sito o acquistare i nostri prodotti»). Lo stesso avviso compare sul sito principale dell’ex-Lindows.

Secondo Microsoft l’azienda ritenuta colpevole non avrebbe ottemperato a quanto sancito dalla sentenza (rendendo accessibile sia il sito sia l’acquisto del prodotto); secondo la parte opposta sarebbe invece impossibile chiudere definitivamente il sito alla navigazioni di parte dell’utenza in quanto tramite trucchi ben noti il navigatore può eludere i sistemi di controllo ed accedere comunque alle pagine. Si torna in tribunale.

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