Il sistema operativo sociale

Facebook ha promesso di diventare un sistema operativo sociale e subito dopo ha acquistato Parakey, WebOS nato da una costola di Firefox. Microsoft, intanto, guarda il tutto con attenzione. Portafoglio alla mano
Facebook ha promesso di diventare un sistema operativo sociale e subito dopo ha acquistato Parakey, WebOS nato da una costola di Firefox. Microsoft, intanto, guarda il tutto con attenzione. Portafoglio alla mano

Forse è solo un effetto collaterale del mistero che circonda la vicenda, forse è solo ed esclusivamente una allucinazione partorita dal calore, forse è tutto solo un abbaglio estivo destinato alla solita vaporware story, ma c’è una notizia negli ultimi giorni che merita probabilmente maggiore attenzione: l’acquisto della Parakey da parte di Facebook.

Cosa è Facebook
Il nome è ormai noto ai più, almeno tra coloro i quali vivono una propria vita digitale e conoscono il fenomeno dei social networks. Di Facebook si sa che è un piccolo rampollo dalle grandi ambizioni, si sa che Yahoo ha fallito fin dal principio il proprio tentativo di acquisizione, si sa che i numeri ne descrivono una vorticosa crescita pur con quantità assolute ancora lontane dal dominatore MySpace.

Di Facebook se ne conosce l’origine: Mark Zuckerberg, leva di ferro 1984, finanziato da uno dei grandi nomi che ha animato il primo PayPal (prima del lucroso passaggio di consegne ad eBay): Peter Thiel. Di Facebook si conosce il presente: un social networks come tanti altri che, sull’onda della novità, sta fagocitando nuova utenza e nuove idee per il futuro. Non si sa, però, cosa Mark Zuckerberg voglia fare da grande: nelle sue ultime dichiarazioni pubbliche ha parlato di Facebook come di un “sistema operativo sociale“, ma le sue parole hanno rappresentato una ventata profumata e poco più: non si è capito da dove provenisse e non si è capito dove andasse, ma tutti se ne sono accorti e l’acquolina è scattata anche a Redmond. Insomma, c’è qualcosa che bolle in pentola.

Cosa è Parakey
Non si sa. Il team ha fino ad ora tenuto uno stretto riserbo sulla cosa ed i dettagli emersi sono minimi. Si sa che a fondare il gruppo è stato Blake Ross in compagnia di Joe Hewitt, entrambi scintille partite dal focolaio di Firefox. Si sa che l’obiettivo è quello di creare un WebOS, ma ancora non è chiaro il significato che del termine si vuol dare. Si sa che è di qui che il “sistema operativo sociale” prenderà forma, ma ancora non si sa in che modo.

Le cose che si son venute a sapere sono relegate ad una vecchia intervista di Blake Ross in cui per la prima volta Parakey attirava le attenzioni su di sè. Ross spiegava di voler unire e fondere il mondo online e quello offline, così che non vi fosse più una autentica separazione tra le parti ed ogni discriminante potesse cadere. Non più download/upload o client/server, ma una architettura promiscua in grado di nascondere ulteriormente la struttura fisica ed organizzativa della rete lasciando agli utenti solo la gestione dei contenuti.

L’esempio adoperato è emblematico: Blake Ross ha spiegato che oggi sono due le modalità con cui poter leggere la posta in arrivo: un client che la scarica sul desktop, oppure una webmail con cui agire per gestire online la posta. L’idea di fondo di Parakey è fondere le parti, rendere vana ogni distinzione e partorire una forma promiscua ed ibrida che galleggia su questa nuova dimensione. Si spiega nell’intervista: «per usare Parakey, bisogna scaricare una piccola applicazione. Questa sarà il cuore del sistema Parakey. Contiene software che trasforma essenzialmente il tuo computer in un server locale. Questo approccio offre un enorme beneficio: puoi gestire i tuoi contenuti velocemente e con efficienza, anche se sei offline. Inoltre, non stai rendendo i contenuti del tuo hard drive disponibili a tutto il mondo». Gestire le proprie cartelle sarà come gestire un proprio spazio sul web, ed ecco che la struttura modulare e la popolarità di Facebook vengono a supporto per interleggere l’obiettivo dell’acquisizione.

Il linguaggio con cui verrà eretto tutto ciò ha già un nome: JUL, ovvero “Just another User interface Language“. Per avere altre notizie abbiamo chiesto direttamente a Blake Ross un commento, ma il suo è stato un laconico “no comment”: al momento è assolutamente impossibilitato ad offrirci maggiori dettagli, ma il discorso è solo rinviato.

E poi arrivò Microsoft
Fin qui le poche realtà che si conoscono. Vista l’impossibilità di approfondire la vicenda, inizia di qui la visione fatta di ipotesi ed indizi. Sì, perchè attorno al miele di Facebook stanno già girando in tanti e Microsoft è uno dei gruppi più golosi. Perchè potrebbe portare una forte utenza, perchè potrebbe coadiuvare alla spinta dei propri servizi Live, perchè potrebbe rilanciare il gruppo dove ad oggi nessuno scalfisce Google. Ma dopo la comparsa del nome Parakey, forse c’è dell’altro.

Si dice che Microsoft abbia messo sul tavolo qualcosa come 6 miliardi di dollari. Se Myspace è stato acquistato per cifre sull’ordine delle centinaia di milioni, la valutazione di Facebook sembrerebbe spropositata. Ma così potrebbe non essere, perchè nel computo totale bisogna forse anche soppesare tutta quella serie di sinergie che con qualche riga di JUL si potrebbero scatenare. Si immagini ad esempio un Parakey nativamente supportato dal prossimo Windows 7.0. Si, esatto, certo: si parla di immaginazione. Si immagini un sistema operativo in grado di interagire nativamente con una realtà online, tanto per operazioni di backup quanto per l’organizzazione di contenuti quali musica, immagini o veri e propri blog e siti web. Negozi ed attività di ecommerce, magari. Si immagini Parakey e Google Gears uno contro l’altro, con uno sdoppiamento che va a rinforzare ancora una volta i big di Redmond e di Mountain View. Si immagini un sistema operativo che per la prima volta affonda le proprie radici sul web e che unisce il desktop al mobile grazie alla propria pervasività anche offline.

Dietro un po’ di immaginazione, c’è una rivoluzione. Siamo partiti dai fatti, abbiamo delineato un mondo possibile. Ora, per salvifico senso pudico, si stampi il resto dell’approfondimento e lo si legga in spiaggia, sotto l’ombrellone, tra l’ultimo Vanity Fair ed un libro di John Grisham. Nella pagina stampata si potrebbe partire dal brevetto registrato da Microsoft per estendere la raccolta di dati sugli utenti anche al desktop per portare proprio sul desktop le pubblicità progettate per la realtà online. Si potrebbe poi spingere l’immaginazione ad un sistema operativo ubiquo in cui i banner compaiono sul desktop ed in cui l’accettazione di pubblicità permette di ammortare i costi di acquisto (pubblicità ottimizzata, ovviamente, in base alle informazioni disponibili sull’utente). La storia poi continua: aggiornare il proprio blog è come scrivere un file su Word, mettere online le proprie fotografie è come fare un copia/incolla in una cartella, tutto è rapido ed immediato, “trasparente” direbbero gli esperti di interfacce. Si immaginino mille proteste contro i fantasmi della privacy, anatemi contro il nuovo Grande Fratello, e poi una resa incondizionata in nome del denaro. Su Facebook arriverebbe il risvolto pubblico della nostra esistenza virtuale; sul pc troveremmo il resoconto personale richiesto per il proprio network sociale e tutti gli strumenti per dar vita al proprio avatar. Google sarebbe così sospinto a forza verso Apple e la benedetta fusione ambita da molti diventerebbe ipotesi realmente concreta.

Ok, approfondimento finito. I bambini finiscono il castello di sabbia e la signora laggiù continua a rosolare al sole. Il libro di Grisham si chiude e il foglio fa da segnalibro.

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