Caso Thomas, la cifra giusta è 151 dollari

La difesa della donna accusata di condivisione in rete di file protetti da copyright e multata di 220,000 dollari sostiene che, dato il guadagno delle major di 70 cent a traccia, la cifra corretta deve essere 151 dollari in totale
La difesa della donna accusata di condivisione in rete di file protetti da copyright e multata di 220,000 dollari sostiene che, dato il guadagno delle major di 70 cent a traccia, la cifra corretta deve essere 151 dollari in totale

Il caso di Jammie Thomas, la donna che si è ribellata alla RIAA volendo andare fino in fondo alla causa per pirateria che l’associazione degli editori musicale le ha intentato (gli altri solitamente si fermano al patteggiamento consci di non poter vincere), continua a regalare spunti interessanti.

Dopo che la prima sentenza ha condannato la donna a pagare una multa di 222.000 dollari per 24 file condivisi illegalmente, la donna ha fatto richiesta di appello, ma non contro la sentenza di colpevolezza quanto contro il prezzo stabilito. È teoria della difesa, infatti, che il risarcimento alle major musicali non possa essere così elevato poichè la loro fetta di guadagno dalla tracce vendute online è di 70 centesimi l’una. Secondo la difesa, dunque, chiedere 222.000 dollari sarebbe incostituzionale.

La legge stabilisce che il risarcimento per ogni canzone di cui è stato violato il copyright debba oscillare tra i 750 e i 150,000 dollari, e in questo caso la corte ha stabilito che la cifra corretta dovesse essere di meno di 9,250 dollari a brano. È invece opinione della difesa che non si dovrebbero superare i 151 dollari in totale.

Ciò a cui si appoggiano i legali della Thomas sono alcune teorie accademiche che hanno sostenuto come i risarcimenti del tipo richiesto non siano in linea con la realtà: nel caso specifico, stando alle cifre volute dalla legge, chi si trovasse colpevole di aver condiviso 2,000 canzoni (cifra anche bassa per un utente P2P medio) dovrebbe pagare tra 1,5 e 60 milioni di dollari. Se poi il crimine fosse giudicato intenzionale si potrebbe arrivare anche a 300 milioni di dollari.

Dall’altra parte ciò su cui si basa l’accusa sono sentenze di altre cause come BMW contro il Nord America per le quali fu stabilito che il risarcimento dovesse essere di 10 volte superiore alla cifra effettivamente sottratta. La linea della RIAA ad ogni modo rimane la stessa: «cerchiamo di risolvere questo caso in una maniera equa e ragionevole. Ci dispiace che la difesa continui a negare la propria responsabilità per le azioni in causa. Continueremo a difendere i nostri diritti».

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