Nuovo giro di vite per il video sharing in Cina

Determinato a controllare capillarmente il Web, il governo di Pechino ha intimato a 25 portali di video sharing di sospendere le attività. Decine e decine di siti sono stati compresi in una blacklist con un richiamo formale: rischiano la chiusura
Determinato a controllare capillarmente il Web, il governo di Pechino ha intimato a 25 portali di video sharing di sospendere le attività. Decine e decine di siti sono stati compresi in una blacklist con un richiamo formale: rischiano la chiusura

A pochi giorni dalla decisione di oscurare YouTube in Cina, non conosce sosta l’attività censoria del governo di Pechino. Nelle ultime ore gli organi nazionali deputati al controllo della Rete hanno intimato a 25 portali per la condivisione di file video di fermare completamente le loro attività. Molti altri avvisi sono stati recapitati a decine di siti web, con l’obiettivo di rendere più fitte e impenetrabili le maglie della censura politica.

Tra le principali vittime del nuovo giro di vite spicca Tudou.com, il portale che beneficia del supporto di IDG (International Data Group), l’organizzazione per la ricerca e le sviluppo di nuovi soluzioni per l’IT. Per poter continuare ad operare, il sito Web dovrà osservare scrupolosamente le nuove direttive di Pechino, che prevedono un freno ai contenuti di carattere pornografico e violento, ma soprattutto ai video a chiaro sfondo politico.

Le nuove regole previste dal governo cinese potrebbero presto rivelarsi controproducenti per il crescente mercato del video sharing locale. L’immenso mercato della Cina ha attirato in questi ultimi anni numerosi investitori, alla ricerca di una valida alternativa "orientale" a YouTube. Ma i chiari di luna dovuti alla politica censoria di Pechino, nonché la difficoltà di immaginare e creare progetti nel settore per il lungo periodo, potrebbero spingere molti investitori ad abbandonare almeno momentaneamente il campo, con un grave danno per l’economia cinese.

«Ciò che sta accadendo potrebbe rendere nervosi i gruppi di investitori, almeno fino a quando la questione della blacklist non verrà chiarita» ha dichiarato Victor Koo, direttore esecutivo del portale Youku.com, uno dei siti maggiormente colpiti dalle decisioni del governo cinese. Attraverso il proprio sito istituzionale, l’esecutivo di Pechino ha diffuso una lunga lista nera con i primi avvisi preventivi per numerosi portali di video sharing nazionali. Dopo un richiamo scritto, il governo cinese procede generalmente alla sospensione forzata delle attività della società ammonita, salvo la compagnia non abbia provveduto a soddisfare le richieste delle istituzioni. Ammonizioni e richiami sono però gestiti in maniera estremamente eterogenea, tale da destabilizzare spesso le società, incapaci di interpretare sempre correttamente le direttive del governo.

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