Al primo MEGAFacebook Party mancava solo Facebook

E TAGGA! TAGGA! TAGGA!!! E TAGGA! TAGGA! TAGGA!!!” così il vocalist del Primo MEGAFacebook Party scandisce sulla classica base quello che lui ritiene l’inno dell’evento. Io scoppio a ridere ma mi sento l’unico. Non è la prima nè sarà l’ultima volta in questa serata che si propone di aggregare i membri romani del social network ma che sembra semplicemente aggregare romani senza un particolare criterio (“LA GENTE CHE HA VOGLIA DI DIVERTIRSIIII!!!!” è un altro slogan del vocalist professionista).

Molte erano le domande che mi ero posto prima di arrivare, alcune delle quali sopravvalutavano anche l’evento: quante persone sarebbero venute effettivamente? Che tipo di festa sarebbe stata? Come sarebbero andati incontro ai gusti di un’utenza non particolarmente determinata? Quale sarebbe stata l’età media? Cosa avrebbero inventato per dare una forma materiale ad interazioni e dinamiche che si fanno forza dell’immaterialità?

Innanzitutto la festa di Facebook non è DI Facebook ma ORGANIZZATA ATTRAVERSO Facebook con fierezza da alcuni ragazzi intraprendenti che hanno diffuso l’idea e fatto buon ufficio stampa presso giornali e tv. Il che significa che il social network non c’entra nulla e che si tratta di un evento sostanzialmente privato, mirato a rendere materiali quelle relazioni che solitamente sono immateriali. Tutte le voci, i pareri e le situazioni che vengono descritti nei pezzi di Corriere e Repubblica, però, non si sono viste neanche con il cannocchiale.

L’età media dei presenti infatti conferma tutti gli studi demografici fatti su Facebook: adulti tra i 30 e i 36 anni, probabilmente dotati di un lavoro, mediamente accoppiati (ma ci sono anche tantissimi single a giudicare dall’urlo di risposta alla domanda del vocalist “QUANTI SINGLE CI SONO??!??!!?“).

Finalmente niente ragazzini!” mi dice una signora dell’organizzazione che poi però sostiene di avere tra i suoi contatti anche gli amici del figlio che è qui con i compagni di scuola. Lei è vestita da principessina con i brillantini e una coroncina in testa, ne parlano anche sul pezzo di Repubblica.it.

L’affluenza è stata decisamente copiosa, uscendo (verso le 2) mi ero detto che probabilmente i presenti dovevano aggirarsi intorno ai 4.000, poi ho letto che i numeri ufficiali che parlano di 3.000 persone e dunque mi fido.

Un vero successo. C’era veramente molta gente in un ambiente adeguatamente riempito. E le dinamiche “Facebook” sono state mediamente rispettate. Io sono di Roma, e utilizzo normalmente il social network e girando per la festa sui 3.000 presenti ho trovato almeno 3-4 persone che conosco, cosa che in una città come Roma non è scontata.

Ma se l’affluenza è stata di prim’ordine, ho i miei dubbi sulla qualità del divertimento. In una grande città tutti i locali funzionano a serate, ognuna delle quali mira ad aggregare diversi gruppi sociali. Il venerdì un certo tipo di persone, il sabato altre, il giovedì altre ancora, così ognuno è sicuro di trovare il proprio ambiente e il passaparola aumenta l’affluenza.

Questo al party Facebook ovviamente non poteva accadere e la gente non sembrava gradirlo. Chissà perchè, infatti, ognuno riteneva che avrebbe trovato più o meno una versione allargata della propria rete di contatti. Io stesso andando mi ero chiesto se in realtà non sarebbe stata una festa della parte di Roma dove vivo. Forse è un’illusione data dal fatto di venire a sapere della festa attraverso la propria rete di conoscenze.

Ad ogni modo la cosa non era gradita. Non era gradita dalle persone con cui sono andato e non lo gradivano gli altri che vedevo poco propensi all’interazione.

Anche per questa eterogeneità dei presenti l’evento è stato genericamente livellato verso il basso. Dopo un’ottima partenza con due band live di insospettabile livello: una cover band dei Queen validissima e un tecnicissimo gruppo indipendente (i This Harmony), è partita la bassa discoteca, quella della musica poco ricercata, dei vocalist dal facile entusiasmo (“E TAGGA! TAGGA! TAGGA!!“), delle basse presenze VIP (come Patrick di Striscia La Notizia) e degli ovvi e ben poco esclusivi “privè” delimitati da un sottile cordone di velluto e davanti al quale sostano i classici uomini dello staff.

Eppure una cosa più di tutte mi ha sorpreso e cioè che il primo raduno Facebook non è stato un raduno degli utenti di Facebook, Ma del resto sbagliavo io a pensarlo: perchè gli utenti di Facebook non esistono.

Gli utenti di Facebook sono più o meno tutti (se non altro la stragrande maggioranza della popolazione in rete) e quindi nessuno. Questo perchè non ci sono delle caratteristiche o degli interessi precisi legati al social network, esso è solo una presenza online, non un fine ma un altro mezzo (e questa è la sua forza). Non si tratta di una community ristretta attorno ad un interesse e quindi non c’è vero attaccamento al marchio o vera comunità. Non a caso gli organizzatori nel gruppo creato appositamente specificano che la festa è “riservata a tutte le persone che vivono Roma, tutte le persone che amano Roma“.

Chi è venuto al party di Facebook è venuto ad una festa alla quale è sicuro di trovare moltissime persone e tanto gli basta. Quante persone tra i presenti non hanno un account Facebook? Impossibile stabilirlo, tra quelli che io conoscevo, o che ho riconosciuto nella folla, parecchi. Ma gli stessi che potrei trovare in una qualsiasi altra festa romana.

Il Party di Facebook è stato un successo? Di certo per gli organizzatori. Dieci euro per entrare, 2 per il guardaroba più le consumazioni successive alla prima (con poco alcol e molta acqua) e moltissimi sponsor presenti con stand e striscioni pubblicitari.

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