25 anni di Mac

Era il 24 gennaio 1984 quando il primo modello Macintosh debuttò sul mercato, rivoluzionando il panorama dell'informatica. 25 anni di Mac segnati da grandi successi, rovinosi fallimenti e insperati rinascimenti all'ombra della Mela e di Steve Jobs
Era il 24 gennaio 1984 quando il primo modello Macintosh debuttò sul mercato, rivoluzionando il panorama dell'informatica. 25 anni di Mac segnati da grandi successi, rovinosi fallimenti e insperati rinascimenti all'ombra della Mela e di Steve Jobs

Con un semplice “hello.” a video, 25 anni fa debuttò il primo Macintosh pronto a rivoluzionare il panorama dell’informatica. Era il 24 gennaio del 1984 quando il nuovo dispositivo raggiunse il mercato, segnando il primo grande successo della società di Cupertino, destinata a vivere da allora momenti gloriosi, momenti di declino apparentemente irreversibili e un rinascimento grazie al ritrovato impegno di Steve Jobs.

Fu proprio l’attuale CEO di Apple, ora in congedo per un semestre per problemi di salute, a presentare alla stampa il primo Macintosh nell’ottobre del 1983. Dotato di tastiera, mouse e di un design inconfondibile, il nuovo dispositivo era equipaggiato con un processore da 8 Mhz prodotto da Motorola, collegato a una memoria Ram da 128 Kb. Per immagazzinare i dati, il primo Macintosh faceva affidamento sui floppy disk da 3,5 pollici con 400 Kb di spazio per la registrazione dei dati. Il software di sistema era contenuto su un unico floppy, così come lo potevano essere un’applicazione e i dati creati durante una sessione di lavoro.

La dotazione hardware comprendeva poi uno schermo in bianco e nero da 9 pollici con una risoluzione pari a 512×342 pixel, due porte di comunicazione seriali, un’uscita audio mono, una tastiera priva di tastierino numerico e un mouse con un singolo bottone collegati al Macintosh attraverso soluzioni proprietarie. I componenti dell’innovativo dispositivo protto da Apple erano animati da “System 1.0”, uno dei primi software operativi funzionanti con una interfaccia completamente grafica al posto della tradizionale interfaccia a linea di comando. Una vera rivoluzione, accompagnata da altre funzioni destinate a divenire molto comuni come “Finder”, l’applicativo utilizzato per visualizzare, organizzare e gestire i propri file.

Il primo Macintosh fu messo in vendita nel 1984 al prezzo di 2495 dollari, una cifra che oggi può apparire elevata, ma all’epoca sistemi con una conformazione hardware simile potevano raggiungere anche i 10mila dollari, rendendosi poco accessibili per la maggior parte dei consumatori. Uno spot confezionato da Ridley Scott, entrato nella storia della pubblicità, presentò il nuovo Macintosh a pochi giorni dal suo debutto sul mercato nel corso del seguitissimo Super Bowl. Ispirato al romanzo di George Orwell, “1984”, lo spot raccontava l’arrivo del Macintosh come un’opportunità per salvare l’umanità dal conformismo.

In pochi mesi il Macintosh raggiunse quota 72mila unità vendute, a dimostrazione del grande interesse dei consumatori per il nuovo dispositivo e della voglia crescente di informatizzazione. Nell’ottobre del 1985, Apple abbandonò la sua creatura, rinominata Macintosh 128K, per meglio dedicarsi al Macintosh 512K, giunto sul mercato circa un anno prima ed equipaggiato con una maggiore capacità Ram.

Da allora, la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche portarono la società di Cupertino a produrre altri modelli destinati a diventare celebri, come il Macintosh II del 1987 non più monoblocco, ma modulare con un case desktop orizzontale sul modello dei tradizionali personal computer. Il dispositivo era equipaggiato con una scheda video a colori, un processore da 16 Mhz e una Ram da 1 Mb espandibile fino a 20 Mb, al prezzo di circa 3898 dollari per l’unità contente la CPU. Tra le soluzioni desktop spicca poi il Quadra 700 del 1991, venduto al prezzo di 6000 dollari.

Gli ultimi anni Ottanta e i primi anni Novanta furono anche il terreno di prova per la produzione di alcuni portatili sempre made in Cupertino. Nel 1989 fu il turno del Macintosh Portable, che cercava di esportare le principali funzionalità Mac in un dispositivo portatile alimentato a batteria. Un primo ardito tentativo dal prezzo non indifferente di 6500 dollari. Nel 1991 fu invece il turno del PowerBook 100, uno dei primi portatili a ricordare le forme attuali dei laptop, venduto al più abbordabile prezzo di 2500 dollari.

Il 1993 costituì per Apple una sorta di ritorno alle origini: a nove anni dal debutto del primo Macintosh, la società di Cupertino mise in commercio il suo Macintosh Color Classic. Il dispositivo era nuovamente un “tutto in uno” equipaggiato con display a colori, una CPU da 16 Mhz e un banco Ram da 4 Mb e venduto a meno di 1400 dollari.

La seconda metà degli anni Novanta è segnata dal ritorno di Steve Jobs, che era stato costretto ad abbandonare Apple una decina di anni prima nel 1985. A causa di alcune scelte infelici e di una direzione poco oculata la società è in evidente affanno. Ottenuto l’incarico di CEO a interim Jobs si rimbocca le maniche e avvia una profonda ristrutturazione interna, sia per quanto concerne i manager di Apple sia per le linee di prodotti. Il 1997 è l’anno del doloroso accordo con Microsoft, che immette stabilità nella società con un investimento di circa 150 milioni di dollari.

L’opera di Steve Jobs porta a un nuovo rinascimento per Apple, che grazie alla geniale intuizione dell’iMac nel 1998 ritorna in attivo dopo cinque anni di bilanci in rosso. Il successo del dispositivo, 800mila unità vendute in pochi mesi, inietta nuova fiducia e favorisce un rapido recupero che consente alla società di osare nuovamente. Sulla scia del fortunato iMac, nel 1999 debutta il portatile iBook che segna un nuovo importante successo anche grazie al suo curioso design. Il resto dell’epopea dei Mac è ormai storia recente con il progressivo abbandono dei processori Power PC e l’inizio del sodalizio con Intel, che rende ancora più versatili i dispositivi di Cupertino.

Venticinque anni di sfide, rovinose cadute e formidabili risalite hanno segnato la storia dei Mac e di riflesso quella dell’informatica e dei tanti utenti che ormai reputano impensabile una vita senza un computer sulla scrivania. Visto in prospettiva, lo spot di Ridley Scott andato in onda in quel lontano 1984 appare quasi profetico e pone non pochi interrogativi sull’effettiva presenza, o meno, di un Grande Fratello in grado di controllare davvero le nostre esistenze. I Mac forse non hanno rotto il conformismo, ma insieme al resto dell’informatica ci hanno sicuramente fornito nuovi strumenti per comprendere e capire il mondo che ci circonda. Hello, Mac e auguri.

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