Se tocca un bambino tocca tutti noi

Nel 2008 non è stato salvato un solo bambino. Il 13esimo Rapporto del Telefono Arcobaleno consegna i numeri sull'attività del 2008: la pedofilia è in crescita e la Rete ha il merito di aver fatto emergere un fenomeno prima nascosto. Ma occorre far di più
Nel 2008 non è stato salvato un solo bambino. Il 13esimo Rapporto del Telefono Arcobaleno consegna i numeri sull'attività del 2008: la pedofilia è in crescita e la Rete ha il merito di aver fatto emergere un fenomeno prima nascosto. Ma occorre far di più

«Venti miliardi di scambi nel web hanno scandito la circolazione di oltre un milione e settecentomila immagini dello strazio di 36.149 bambini, il 42% dei quali ha meno di 7 anni e il 77% ne ha meno di 9». Parole di Telefono Arcobaleno, parole con cui si introduce il 13esimo Rapporto sulla pedofilia online (pdf): «Uno scenario che disintegra la credibilità delle istituzioni nazionali e sovranazionali, che annienta i valori di libertà e dignità della persona umana e persino la credibilità di ciascuno di noi. Stati Uniti d’America, Germania, Russia, Regno Unito, Italia, Francia, Canada e Giappone, il “G8” ovvero i cosiddetti “Paesi industrializzati”, insieme a Spagna e Polonia, rappresentano i tre quarti dei clienti del pedo-business, dell’unico mercato al mondo capace di porsi al di sopra della morale e al di fuori della coscienza e di disporre impunemente della vita altrui».

«Il “Tredicesimo Rapporto Annuale sulla pedofilia on line” di Telefono Arcobaleno denuncia l’agghiacciante
scempio di bambini che si è consumato in questi anni, che non ha nulla di virtuale ma si realizza con quell’abominevole violenza che la furia criminale dei pedofili vuole fotografare e filmare per perpetuare quell’orrore infinite volte nel tempo e nello spazio»: secondo l’associazione, la pedofilia prolifera proprio nei paesi più avanzati, ed è in questi paesi che occorre pertanto scavare nell’omertà e nei silenzi. Perchè, spiega Telefono Arcobaleno, dietro al fenomeno pedofilia si cela «uno scempio di bambini che si è nutrito e avvantaggiato del silenzio spaventoso delle persone oneste, oltre che delle speculazioni economiche che continuano a prevalere con forza su quelle etiche, morali e umanitarie».

Secondo l’introduzione al rapporto trattasi di «un mercato formalmente illegale ma di fatto libero, se è vero, come è vero che chiunque di noi in questo momento può estrarre dal portafoglio la propria carta di credito, scegliere razza, età, genere di perversione sessuale, tratti somatici della bambina preferita, e acquistare pressoché impunemente la propria collezione fotografica o il proprio film pedofilo». Quel che si è fatto, insomma, non solo è poco ma è anche sbagliato, partendo da un approccio non corretto che infatti nulla riesce a fare per fermare in qualsiasi modo il problema: «Un mercato che non conosce crisi, che è cresciuto del 149% negli ultimi sei anni mentre in Europa si discuteva di questioni assai marginali, come il “grooming on line” o i filtri statali dei contenuti di internet, i quali minacciano la libertà della rete restando inoffensivi per le organizzazioni criminali, che continuano a crescere del tutto insensibili alle punture di spillo che ricevono».

Nel documento Telefono Arcobaleno affronta anche il delicato rapporto tra il fenomeno ed il suo strumento prediletto: la pedofilia ed Internet. L’associazione esprime un equilibrio nuovo nel proprio giudizio: la Rete sia libera, la Rete non venga messa al bando. La Rete ha il merito di aver fatto emergere la bestialità di un ambito criminale prima nascosto e di difficile valutazione. Oggi la Rete può far molto per combattere il fenomeno stesso, soffocandone la crescita con l’aiuto di atteggiamenti responsabili da parte di ISP e legislatori. Trattasi di un approccio per certi versi nuovo, in cui la Rete e chi combatte la pedofilia sembrano incontrarsi su di un piano comune ove la collaborazione può e deve essere possibile. Un passo importante, un passo forse decisivo, un passo che potrebbe portare nuova sensibilizzazione sull’argomento senza inutili scontri o prese di posizione inconciliabili.

Il rapporto di Telefono Arcobaleno parte da un dato preciso: meno dell’1% dei bambini vittime di pedofilia online è stato identificato. Per ogni realtà certificata, insomma, ve ne sono 99 per le quali non si conoscono responsabili e contesto, condizioni e cause, protagonisti e clienti. «Questo dato basta da solo a segnare l’esigenza di riallineare la lotta alla pedofilia sugli obiettivi prima ancora che sulle strategie da adottare»: parola di Giovanni Arena, Presidente e fondatore di Telefono Arcobaleno.

Il lavoro di Telefono Arcobaleno

Non sempre i dati e le analisi del Telefono Arcobaleno hanno incontrato pieno appoggio dal Web. Trattasi infatti di analisi che hanno messo alla berlina la Rete la quale, a torto o a ragione, si è trovata a spartire parte della responsabilità con quanti della Rete stessa fanno un uso deviato e criminoso. La pedofilia, soprattutto, è uno dei nervi scoperti: tremendo crimine da un lato, argomento di facile strumentalizzazione dall’altra. Fenomeno da estirpare da una parte, fenomeno analizzato con superficialità e facili confusioni dall’altra. Il 13esimo Rapporto è però una buona occasione per tornare a focalizzare l’argomento sul tema della pedofilia, tentando di delinearne i contorni e dribbland per una volta l’attribuzione delle responsabilità.

Il lavoro di Telefono Arcobaleno è in questa direzione essenziale: «Telefono Arcobaleno è un’organizzazione internazionale che in tema di promozione e tutela dei diritti dell’infanzia, è ente sussidiario di consulenza, supporto e azione su tematiche che presuppongono interventi a elevatissima connotazione specialistica e professionale in contesti nei quali sono costantemente in gioco i diritti fondamentali dell’uomo, la dignità e il valore della persona umana. L’autonomia e l’indipendenza dell’Organizzazione assicurano da sempre il rispetto dell’unico principio ispiratore di Telefono Arcobaleno: essere in prima linea per respingere la pratica delle violenze sui bambini e riaffermare la logica di assoluta priorità del riadattamento fisico e psicologico e del reinserimento sociale di ogni fanciullo vittima di abuso». L’impegno di Telefono Arcobaleno sul Web, insomma, non è l’origine del lavoro dell’associazione, ma una diretta conseguenza del modo in cui il fenomeno “pedofilia” si è spostato nel tempo: «Il contrasto della pedofilia on line rappresenta la best practice di Telefono Arcobaleno ed è svolta ininterrottamente del 1996. Tredici anni d’intensa attività consentono oggi a Telefono Arcobaleno di valutare e dimostrare concretamente le reali proporzioni e le efferate caratteristiche della pedofilia online, di offrirne un’inedita mappatura, nonché di focalizzarne contenuti e modalità d’azione».

Oggi Telefono Arcobaleno possiede una black list da 200 mila siti pedopornografici già segnalati alle autorità in tutto il mondo: «L’attività di “monitoraggio” è finalizzata all’individuazione del traffico di immagini pedopornografiche sul web come di ogni attività pedofila in ogni forma ed espressione, al tracciamento e all’immediata segnalazione agli operatori internet interessati e alle Autorità competenti in tutto il mondo al fine di disarticolare le organizzazioni criminali che fanno mercato dell’infanzia». È un triste lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare. L’associazione si prodiga pertanto nell’analisi del materiale segnalato, seguendo allo scopo una precisa policy di comportamento:

  • «nessun rapporto di interlocuzione diretta (via mail, mailing list, bbs, wwwboard, chat, icq etc.) con
    ambienti e soggetti pedo oriented»;
  • «monitoraggio dei siti limitato ai materiali necessari per classificare la natura e gravità dei contenuti da rappresentare nella segnalazione e per l’individuazione della presenza di link relativi ad altre risorse
    pedo-pornografiche o alle stesse assimilabili e riconducibili»;
  • «nel caso di materiali on topic, tracing del sito e segnalazione immediata ai webmaster/hostmaster,
    nonché alle Autorità di polizia interessate»;
  • «tutte le segnalazioni e le mail di ritorno vengono opportunamente archiviate e conservate, mantenendole
    a disposizione unicamente delle Autorità interessate»;
  • «l’elaborazione di report mensili sui risultati dell’attività di monitoraggio e segnalazione, è effettuata dall’Osservatorio Internazionale di Telefono Arcobaleno senza mai diffondere informazioni che possano
    consentire l’accesso ai siti o ai materiali segnalati o, comunque, interferire con le attività delle Autorità di polizia»;
Se tocca un bambino tocca tutti noi

Grazie a tale attività di controllo, i risultati si concretizzano nel giro di poche ore: l’associazione ha notificato numeri che ad oggi contano oltre 228 mila segnalazioni da cui si arriva nel 99.11% dei casi alla rimozione del contenuto dalla Rete, l’83% delle volte già entro 2 giorni.

Pedofilia, il ruolo dell’Europa

Il rapporto delinea in modo particolare i dati relativi all’ultima annata: il 2008 è stato infatti un anno da record per la pedofilia online, nella speranza quantomeno che la crisi possa per qualche arcana dinamica colpire anche questo infame fenomeno. 42396 le segnalazioni negli ultimi 12 mesi, 3000 i bambini coinvolti, nemmeno 1 solo bambino identificato e liberato. Nemmeno uno.

Il Rapporto punta il dito soprattutto verso il mondo degli Internet Service Provider: sebbene nella maggior parte dei casi la collaborazione sia fattiva, sollecita e fruttuosa, rimane una casistica di resistenza difficilmente spiegabile che Telefono Arcobaleno intende invece sfidare senza remore: «Esiste anche un pesante debito di intervento di molti Internet Service Provider nell’attività sistematica di prevenzione e di controllo con riguardo alla pubblicazione nei propri spazi internet di siti pedofili; il comportamento medio peraltro si riassume nella prassi “se mi vengono segnalati, li chiudo”, mentre è provato che un comportamento attivo da parte degli ISP potrebbe azzerare la presenza di siti pedofili. Vi è la prassi, per alcuni importanti ISP multinazionali, di aprire succursali in svariati Paesi ma pretendere l’applicazione universale delle norme esistenti nel proprio Paese di origine o in quello prescelto come proprio quartier generale, spesso in ragione dell’esistenza di legislazioni più favorevoli e meno gravose. Deve anche essere ricordato, d’altronde, che in Europa e in molte aree dell’Asia, simili comportamenti sono agevolati dalla circostanza che non è chiaro il ruolo legale degli ISP, né sono state fornite agli operatori direttive chiare e indicazioni precise, né sono state realizzate qualificate linee guida di comportamento».

L’Europa risulta essere ad oggi la zona più colpita dal problema. Mentre il tutto sta rapidamente perdendo di importanza nel Nord America, il vecchio continente rimane invece il più afflitto con ben il 58.5% dei casi contro il 37.04% del 2003 (anno in cui la situazione era ribaltata, con il 50.02% dei casi oltre oceano contro il 31.4% attuale.

«I clienti e i fruitori dei siti pedofili crescono in Europa mentre restano pressoché marginali in Oceania e Africa, e diminuiscono sensibilmente in America e Asia. L’Europa rappresenta oggi circa i due terzi della domanda mondiale e i tre quarti dell’offerta. Contrariamente a quanto è accaduto in altre aree del pianeta, in Europa le strategie di intervento non sempre hanno centrato gli obiettivi prioritari di prevenzione e di repressione dello sfruttamento sessuale, dirottando le risorse disponibili verso progetti che, talora, non sono valsi a frenare nè a rallentare la vertiginosa crescita della pedofilia on line».

L’Italia, purtroppo, è in prima fila. La classifica mondiale degli utenti coinvolti tra i paesi del G8 vede gli USA in testa con il 22.9% dei casi, seguiti da Germania, Russia e Regno Unito. Ecco quindi l’Italia, con il 4.8% dei casi (erano il 2.2% nel 2003) davanti a Francia, Canada, Giappone e Spagna.Il nostro paese risulta anche in posizione grama nel ranking che ordina le varie legislazioni in base al grado di attenzione che hanno dimostrato sul problema della pedofilia.

Una atroce realtà

«Gli “extreme video” rappresentano il mercato più fiorente e, al tempo stesso, uno degli aspetti più atroci e tragici del commercio pedofilo. Sono un genere dedicato alle peggiori aberrazioni pedofile e mostrano l’intera gamma delle violenze sessuali compiute su bambini e bambine di tenerissima età. Un mercato in continua crescita. Bastano alcuni dati dell’Osservatorio Internazionale di Telefono Arcobaleno, per rendere l’idea del regime attuale dei prezzi per l’acquisto di video pedofili estremi: 29,99 dollari è il prezzo minimo per un video di questo genere, ma facilmente si arriva sotto i 20 dollari l’uno se si acquista in blocco un certo numero di filmati. La maggior parte dell’offerta si colloca su una forbice tra i 30 e i 50 dollari per video. I livelli massimi di prezzo superano di pochissimo i 100 dollari quando si tratta di filmati di qualità più elevata con una durata che può raggiungere le tre ore. Ci sono poi altri siti che offrono abbonamenti periodici per scaricare un certo numero di filmati o addirittura abbonamenti a vita, con garanzia di essere tempestivamente avvisati delle novità. Il costo medio di un abbonamento mensile a questi siti non supera i 75 dollari, ma con facilità i pedofili possono acquistare ad un prezzo inferiore ai 50 dollari».

I bambini sfruttati sono soprattutto tra i 6 e gli 8 anni (i due terzi dei casi si manifestano in questo breve lasso di età), ma arrivano fino alla fascia 0-1 anni che inserisce il tutto nell’alveo della più completa bestialità. I pagamenti tramite carta di credito continuano ad andare per la maggiore, ma si sta sviluppando anche una nuova generazione di pagamenti che, facendo leva sulle maggiori garanzie di anonimato, tutela la colpa da eventuali ritorsioni successive: «Un fenomeno recente è la richiesta di un prezzo anche molto diverso che varia a seconda della forma di pagamento prescelta dal cliente. Così lo stesso abbonamento mensile costa di più se il pagamento avviene mediante carta di credito, mentre si ottiene un forte sconto se si decide di pagare utilizzando i nuovi circuiti e metodi di pagamento alternativi che promettono maggiori garanzie di anonimato per le transazioni in internet».

La stessa definizione di “pedofilia”, però, appare problematica perché, sebbene pratica universalmente condannata, cambia invece il grado di sensibilità etico al problema. Cambia, ad esempio, l’età entro cui i rapporti sessuali possono essere considerati “consenzienti”, ma anche in questa direzione trattasi di un distinguo più che altro teorico: l’analisi della casistica sembra andare al di là di tutto, rendendo universale una definizione sommaria di ciò che la pedofilia è e rappresenta.

Il dilemma principale: i filtri

È difficile porre un freno alla pedofilia. Fermare certi contenuti, infatti, è possibile solo apponendo dei filtri alla navigazione, il che fin troppo facilmente andrebbe a scontarsi con la libertà d’espressione (la casistica di questi ultimi giorni ha reso evidente tale rischio): il caso particolare, quando rapportato alla casistica generale, può infatti generare effetti collaterali che vanno a inificiare l’intera procedura.

L’atteggiamento di Telefono Arcobaleno nei confronti della Rete appare in tal senso più prudente che non in passato, e quindi anche più costruttivo: il confine tra libertà e limite va ponderato. Spiega il Rapporto: «La maggior parte dei materiali che circolano nella rete internet non soltanto sono leciti, ma anche utili per favorire la conoscenza, la cultura e la democrazia. Pur tuttavia, una parte minimale di questi materiali ha natura criminale, come è il caso delle fotografie e dei video a contenuto pedofilo, la cui circolazione perpetua nel tempo e nello spazio gli abusi sessuali commessi in danno dei bambini. Una volta accertato che tali contenuti sono effettivamente illegali, in assenza di un’efficace cooperazione internazionale per la repressione del crimine organizzato, uno degli strumenti di contrasto alla diffusione dei materiali pedofili è quello di filtrarli impedendone l’accesso da parte degli utenti della rete internet. […] Nel caso del filtraggio di Stato, deve essere un giudice a statuire la illiceità dei contenuti e a disporne la rimozione o l’oscuramento, e in ogni caso a tale azione non deve corrispondere una rinuncia all’esercizio dell’azione penale nei confronti dei responsabili dell’illecito. Ma se questa è la prospettiva legale, sul piano del rispetto dei diritti fondamentali universalmente riconosciuti, deve anche tenersi conto della scarsa validità dei sistemi di filtraggio, i quali da un punto di vista strettamente tecnico hanno un’efficacia assai limitata e certamente non incidono sugli interessi economici delle organizzazioni criminali che si avvantaggiano delle opportunità loro offerte dalla rete internet».

Un primo distinguo formale tra contenuti illegali e contenuti dannosi può correre in aiuto: «I contenuti criminali non devono essere confusi con i contenuti dannosi, rispetto alla cui circolazione si sono pure sviluppati sistemi di filtraggio, soprattutto in favore dei soggetti più deboli e dei bambini. Anche questi sistemi hanno mostrato grossi limiti sul piano della efficacia e talora hanno ulteriormente favorito l’assenza della famiglia e delle agenzie educative, delegando spesso i provider a svolgere un compito che non gli appartiene. Internet ha il merito di avere svelato al mondo la furia criminale dei pedofili, che prima dell’avvento dell’era telematica era per lo più negata e coperta. La risposta al crimine pedofilo non può esaurirsi nel tentativo di censurare internet ma deve richiamare i governi e la comunità internazionale al compimento del loro dovere di garantire legalità e sicurezza ai cittadini nel rispetto dei principi di libertà e di democrazia».

Sì ai filtri, insomma, ma con ampie precauzioni: «Il filtraggio dei contenuti di internet, su base volontaria, può servire a corredo e a supporto dell’azione delle autorità giudiziarie, nel caso dei contenuti criminali, e delle famiglie e agenzie educative, nel caso dei contenuti dannosi. Il filtraggio inoltre deve avvenire con sistemi consapevoli, trasparenti, evoluti, efficienti e selettivi, per non incidere negativamente sull’essenza democratica della rete internet».

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