23andMe in difficoltà, ma si regge su Google

23andMe ha raccolto ulteriori 11 milioni di dollari da Google per poter supportare le proprie attività. La quasi totalità degli investimenti giunge oggi proprio da Google, senza cui 23andMe sarebbe in grave difficoltà. Ma i problemi sono comunque molti
23andMe ha raccolto ulteriori 11 milioni di dollari da Google per poter supportare le proprie attività. La quasi totalità degli investimenti giunge oggi proprio da Google, senza cui 23andMe sarebbe in grave difficoltà. Ma i problemi sono comunque molti

Nel 2008 era stata consacrata come l’invenzione dell’anno, ma nel 2009 già i primi gravi scricchiolii: 23andMe, il gruppo che promette l’analisi del DNA per 499 dollari semplicemente tramite l’invio di un campione di saliva, è oggi più che mai nelle mani di Google, poiché è da Google che trae la maggior parte dei capitali necessari a sopravvivere.

23andMe è stata fondata da Linda Avey ed Anne Wojcicki, moglie di Sergey Brin (cofondatore di Google) e sorella di Susan Wojcicki (ai vertici di Google fin dalla prima ora). Il lancio di 23andMe è avvenuto in pompa magna grazie ai 2.6 milioni di dollari offerti da Brin in persona e da ulteriori 3.6 milioni messi sul piatto da Google. Tra gli altri investitori originari figuravano la Genentech (il cui CEO Arthur Levinson è al tempo stesso nel board Google), la New Enterprise Associates (NEA) e la Mohr Davidow Ventures (MDV), per un totale di 9 milioni di dollari a disposizione per le operazioni iniziali. 23andMe ha iniziato così ad analizzare i campioni di saliva in arrivo da tutto il mondo (a suo tempo Webnews propose un reportage completo sulle modalità tecniche e sui risultati consegnati) combattendo un duplice braccio di ferro: con lo scetticismo di parte della comunità medica da una parte, con una pressante concorrenza dall’altra.

A distanza di un anno circa 23andMe si trova nella necessità di ulteriori investimenti. La Mohr Davidow Venture, infatti, ha abbandonato il proprio supporto riconsegnando le proprie quote e girando i propri capitali nella concorrente Navigenics: un brutto segno per 23andMe, una duplice autorete incassata direttamente da uno di finanziatori principali. In compenso è ancora Google ad investire per supportare le attività dell’azienda: 11 milioni di dollari finiscono nelle casse 23andMe come contributo parziale ad una raccolta fondi complessiva quantificata in poco più di 24 milioni (SEC). A conti fatti, in attesa di trovare nuovi investitori, è evidente come la 23andMe si regga oggi completamente sulle spalle di Google, senza i cui capitali sarebbe in situazione di grave stallo economico ed operativo.

La principale stampella di 23andMe è dettata da un evento traumatico: settembre 2008, Sergey Brin confida pubblicamente di avere nel proprio DNA un difetto genetico (scoperto grazie a 23andMe) in grado di portare a maturare nel tempo la malattia di Parkinson. Trattasi di un difetto ereditato dalla madre, già in preda alla malattia, e contro il quale non c’è al momento alcunché da fare: la medicina ancora non offre cure risolutive. Per stimolare la ricerca sul campo, Brin ha così iniziato a collaborare con 23andMe con varie iniziative nella speranza di raggiungere un qualche risultato prima che la malattia possa manifestarsi. Oltre ad un interesse economico ed imprenditoriale, insomma, v’è qualcosa di ben più radicato con motivazioni che vanno ben oltre una semplice raccolta fondi.

Non basta l’impegno, non basta l’innovazione, non basta avere le spalle coperte da un “big” come Google: la stessa comunità scientifica sta ora stemperando gli entusiasmi iniziali sulla ricerca genetica, notando come il tutto sia ad una fase ancora assolutamente precoce e che ad oggi le “diagnosi” basate sullo scanning del DNA non abbiano autentico valore. Ogni singola mutazione può comportare conseguenze soltanto in una piccola percentuale di casi, le conseguenze non sono mai direttamente ricollegabili ad una caratteristica genetica, e dunque le conclusioni 23andMe (così come quelle Navigenics, Bioresolve o DeCode Me) non possono godere ad oggi dell’appoggio della scienza medica.

La frattura tra i servizi di scanning del DNA e la medicina è venuta ad assumere forma concreta in una lettera di “cease and desist” inviata dal Dipartimento per la Salute Pubblica californiano che impone a 23andMe ed altre 12 aziende similari. La richiesta è quella di operare soltanto sotto indicazione scritta di un medico, evitando così che il privato possa essere attratto da una promessa che ad oggi non può che essere francobollata nell’alveo delle curiosità, comunque lontano da ogni velleità di rango superiore. Per la legge californiana trattasi di un dispositivo di legge in vigore a cui 23andMe & c. dovranno adeguarsi con fare immediato.

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