Il lato social del marketing politico e le sue contraddizioni

Il 23 aprile il canale YouTube del n. 10 di Downing Street, cioè del Premier inglese Gordon Brown, ha pubblicato un video con il commento del Primo Ministro sullo scandalo dei rimborsi spese ai membri del parlamento inglese (“MP’s Expenses”, dove MP sta per “Members of Parliament”).

L’argomento aveva già avuto grande risonanza mediatica e un forte impatto sull’elettorato: anche per questa ragione, il video può essere letto nel quadro di un’operazione di comunicazione volta a recuperare credito presso i cittadini. Non sembra però che questa mossa abbia funzionato: anzi, rivela rischi e lacune nell’utilizzo dei social network per il marketing politico.

Vediamo qualche dettaglio: il video caricato sul canale “DowningSt” non è commentabile, il che è stato evidenziato con accento critico da tanti commentatori su altri siti, tra cui ad esempio il Times online. I commenti al video, infatti, non sono stati affatto neutralizzati: di lì a poco, anzi, sono comparse versioni del video caricate da altri utenti e con la funzione “commenti” abilitata.

Così, nel giro di pochi giorni, nonostante la “censura” sul sito ufficiale, sono cominciati a circolare post e commenti sui contenuti del video di Gordon Brown, sulla sua comunicazione verbale tutt’altro che riuscita e, più in generale, sulla contraddizione del canale “DowningSt” in tema di “interattività”: da un lato ci sono i video con la funzione commento disabilitata, dall’altro lato c’è l’iniziativa di affiancare video di “domanda” da parte di cittadini britannici e relativi video di “risposta” di Gordon Brown.

Anche a questo proposito, Obama si distingue dai leader europei. Il canale YouTube del governo Berlusconi non ammette commenti ai video, così come il canale ufficiale di Nicolas Sarkozy in Francia. Il canale della Casa Bianca e quello di Barack Obama, invece, permettono i commenti, accettando di correre i rischi che ne conseguono, tra cui le critiche dure, le offese più o meno pesanti e qualche messaggio “spam”. Considerati questi modelli, che lezioni trarne per l’utilizzo dei social network nel campo del marketing politico?

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