Il silenzio dei blogger, l'urlo dei blogger

Alessandro Gilioli, blogger e giornalista de L’Espresso, ha proposto nei giorni scorsi una giornata di silenzio sulla blogosfera per protestare controla legge bavaglio sulle intercettazioni:

Ecco, io credo che in questa occasione la storica antipatia che la gran parte dei blogger nutre nei confronti dei giornalisti dovrebbe essere messa da parte. Non solo perché il bavaglio in questione colpisce tutti i media, nessuno escluso, ma anche perché il ridicolo obbligo di rettifica inserito nel decreto medesimo andrà a colpire e a soffocare chi blogga, chi twitta, chi immette contenuti nei siti di condivisione e via dicendo. […] Una giornata di silenzio dei blogger, per protestare insieme ai giornalisti, credo che sarebbe un bellissimo segno. […] Senza dire che il primo “sciopero dei blog” avrebbe un impatto mediatico straordinario – forse perfino superiore a quello dei professionisti

Se sul tema specifico vale ovviamente una certa libertà di coscienza, ma in tutta coscienza la legge sembra davvero un bavaglio insostenibile ed inaccettabile, sulle modalità della protesta c’è invece probabilmente molto da obiettare.

Parificare le modalità di protesta della stampa e le modalità di protesta della blogosfera sembra essere un tantino ingenuo, quasi superficiale. Come fossero una cosa sola, e così non è.

I giornali funzionano nella direzione del 1-molti, i blogger nella dimensione del molti-molti. Se i primi sono una fonte “mainstream”, i secondi sono una sorta di voce di piazza, una estesa conversazione da bar pur con tutte le sfumature e le eccellenze del caso. Sono comunque due realtà distinte, che viaggiano con regole differenti.

Se dunque un giornale tace, fa notizia: perchè il giornale parla ogni giorno, ad una certa ora, in un certo luogo: se tace è un segno forte. Il blog no: il blog è per sua natura incostante, non puntuale ed il silenzio non è valutabile se non con una assenza prolungata oltre misura. Il concetto di “silenzio dei blogger” per sua definizione non può esistere, ancor più che il concetto stesso di blogosfera è frammentario e intangibile.

Ben venga, dunque una versione 2.0 della protesta: un post comune (una immagine, un filmato, un messaggio) che metta assieme i blogger aderenti e li unisca in un filo conduttore unico. Il tutto sarà coordinato da un sito comune per tirare le fila della protesta. Non si tratterà, però, di un silenzio: sarà un urlo comune, un motto d’orgoglio, un modo per far fronte unico e dar peso e dimensione ad una protesta che prende forma nel virtuale. Così sì, così i blog potranno farsi sentire. Perchè quando si va in edicola anche un foglio bianco ha il suo significato. Quando invece si va online, è come in una piazza: chi tace, semplicemente, non comunica.

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