Advertising: l'8% degli utenti fa l'85% dei click

Se l'8% degli utenti è responsabile dell'85% dei click sulle Display Ads, significa che la metrica delle performance va radicalmente rivista poiché inquinata da utenti iperattivi in grado di nascondere una maggioranza silente. Il sistema va ripensato
Se l'8% degli utenti è responsabile dell'85% dei click sulle Display Ads, significa che la metrica delle performance va radicalmente rivista poiché inquinata da utenti iperattivi in grado di nascondere una maggioranza silente. Il sistema va ripensato

L’8% degli utenti del Web compie l’85% dei click sulle pubblicità del Web. Il risultato è clamoroso, ma è quel che trapela dal report “Natural Born Clickers” redatto da ComScore per valutare la natura e le caratteristiche della pubblicità sul Web.

Il calcolo ComScore è stato compiuto sulle cosiddette Display Ads ed è usato come termine di confronto sulla medesima ricerca del 2007. Se due anni or sono il 32% degli utenti dichiarava di cliccare almeno su di una pubblicità, almeno 1 volta al mese, oggi la percentuale si è dimezzata: solo il 16% degli utenti del Web clicca almeno su di 1 pubblicità nel giro di quattro settimane. Ben l’84% degli utenti, insomma, sa dribblare le Display Ads evitando di cliccarci su.

Secondo ComScore «il risultato sottolinea il fatto che, per la maggior parte delle campagne di Display Ads, il click-through non è la metrica più appropriata per la valutazione delle performance». Piuttosto, continua ComScore, occorre valutare il fatto che l’immagine viene visualizzata e ciò comporta vantaggi tanto in termini di affermazione del brand, quanto in relazione alla ricerca del nome ed al conseguente rastrellamento di nuovi clienti. Le risultanze sono ovvie: basarsi sulle performance significa mettere sul bilancino soltanto l’8% degli utenti, peraltro rappresentanti un segmento statico e poco rappresentativo.

Gli advertiser preferiscono le performance al CPM

Il trend che ha visto affermarsi negli anni la metrica delle performance potrebbe dunque vedere ora una inversione di tendenza, con il CPM o le formule ibride a ribadire il proprio motivo d’essere. Secondo le ultime statistiche IAB il 58% delle campagne è basato sulla valutazione delle performance (in gran parte sul numero dei click), concetto oggi bocciato dal direttore per le ricerche Starcom USA John Lowell: «un click non significa nulla, non comporta guadagni e non crea valore per il brand. La tua pubblicità online ha alcuni obiettivi, e tra questi non c’è certamente quello di generare click. Vuoi che la gente visiti il tuo sito, cerchi informazioni, compri i prodotti […]». Il click non può essere un fine, insomma, mentre la pubblicità deve essere il mezzo. E va plasmato secondo quelli che sono gli obiettivi ultimi della propria iniziativa di marketing.

La pubblicità online sta vivendo un attimo di pausa. Dopo l’ultimo rallentamento fu un cambio nelle strategie di advertising a pilotare il comparto verso le vette toccate nel 2008: un nuovo ripensamento potrebbe preparare il terreno ad una nuova crescita, per la quale si conserva intatto l’ottimismo ma in mancanza delle necessarie condizioni economiche della giusta propensione all’investimento.

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