Il rapporto dei teenager con media digitali e social network

Recentemente, la società Morgan Stanley ha pubblicato la relazione di un giovane stagista quindicenne, Matthew Robson, sul modo con cui i teenager utilizzano media digitali e social network. La “ricerca” (pur essendo stata presentata per quel che è, priva di ogni valore statistico) è rimbalzata rapidamente tra i siti e i quotidiani cartacei più importanti.

Certo, è singolare che un lavoro come questo abbia suscitato tanto interesse e scalpore, considerando che da anni ci si interroga su come i nuovi media trasformino i comportamenti dei consumatori e che esistono professionisti specializzati nell’indagare abitudini, usi e tendenze in questo campo. La relazione di Robson ha il pregio di essere nitida e, per così dire, perentoria, ma cosa dice di nuovo?

Vediamo. Leggendo la ricerca scopriamo che i teenager ritengono irrilevante la carta stampata, perché non sono disposti a leggere pagine e pagine e preferiscono di gran lunga cercare le news in Internet o in televisione. Non si può dire che sia una sorpresa. Inoltre, scopriamo che non sono disposti a pagare per musica e altri contenuti: quasi nessuno compra un CD, perché è più comodo scaricare dalle reti P2P o scambiarsi i file. Per problemi di liquidità, inoltre, i teenager non possono permettersi di acquistare i cellulari più costosi e quindi preferiscono quelli di fascia media.

Non sopportano di buon grado la pubblicità intrusiva (ma chi la sopporta?) e sono particolarmente sensibili alle campagne di viral marketing, soprattutto se costruite in modo spiritoso. Per quanto riguarda i social network, quasi tutti i teenager hanno un profilo su Facebook, utilizzano YouTube per guardare episodi di cartoni animati e non trovano interessante Twitter, in sostanza perché ritengono che nessuno legga davvero i messaggi degli altri su questa piattaforma.

Leggendo la relazione di Robson ci sono alcuni spunti interessanti, ma molte altre cose andrebbero indagate meglio e con un adeguato approccio di statistica sociale. Anche la premessa della Morgan Stanley Research è discutibile: i teenager sono presentati come “l’avanguardia della rivoluzione digitale”, e questo va bene. Ma è davvero fondata l’idea che, se scopriamo come i teenager usano la rete, abbiamo elementi per capire come evolverà? In parte, senza dubbio, sì. Ma è Robson stesso ad ammettere, tra le righe, che la ragione per cui i teenager non fanno o non usano alcune cose è il denaro. Crescendo, cambieranno anche loro abitudini.

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