Il gambling online può essere limitato dallo Stato

I paesi membri dell'Unione Europea hanno il diritto di apportare limiti nazionali alle attività del gambling, anche se con azioni che tutelano eventuali monopolisti, se il fine ultimo delle loro azioni è la tutela degli utenti da truffe e dipendenza
I paesi membri dell'Unione Europea hanno il diritto di apportare limiti nazionali alle attività del gambling, anche se con azioni che tutelano eventuali monopolisti, se il fine ultimo delle loro azioni è la tutela degli utenti da truffe e dipendenza

Una sentenza della Corte di Giustizia Europea ha deliberato come ogni singola nazione possa scegliere in totale autonomia se fermare particolari attività di gambling online (scommesse e giochi tramite il web). Tale limitazione può essere apportata, però, soltanto se il fine ultimo è quello della lotta alle truffe: un limite a fin di bene, quindi, la cui autorizzazione arriva direttamente dalla giurisprudenza europea.

Il caso è iniziato nel 2008 a seguito della denuncia Ladbrokes International Ltd contro la Stichting de Nationale Sporttotalisator. Lo stato olandese, nella fattispecie, ha avviato una serie di limiti alle attività Ladbrokes, ma quest’ultima ha dato voce al sospetto per cui tali limiti fossero imposti al fine di preservare il mercato della monopolista delle lotterie nazionali De Lotto. Lo stato, da parte sua, ha invece spiegato di voler tutelare gli utenti dalle truffe e dalla dipendenza al gioco, reclamando il diritto ad un limite al gambling per finalità che nulla avrebbero a che vedere con la tutela forzata di particolari operatori.

Il giudice della Corte di Giustizia ha sentenziato: «Si può considerare che una normativa nazionale […] che persegue lo scopo di contenere la dipendenza dal gioco d’azzardo nonché di contrastare le frodi, e che effettivamente contribuisce alla realizzazione di questi obiettivi, limita le attività di scommessa in modo coerente e sistematico, sebbene il titolare o i titolari di un’autorizzazione esclusiva siano autorizzati a rendere attraente la loro offerta sul mercato introducendo nuovi giochi d’azzardo e facendo ricorso alla pubblicità. […] L’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime».

La sentenza sembra quindi consegnare un potere molto forte nelle mani degli stati sovrani, i quali potranno ora tutelare (e moltiplicare in valore) i monopoli operando formalmente sotto il cappello della tutela dalle frodi e dalla dipendenza dal gioco. L’approccio sembra tuttavia superato, ed in molti paesi europei (Italia compresa, pur precedentemente punita dall’UE proprio per un atteggiamento eccessivamente protezionista nei confronti degli operatori locali) il controllo del gambling avviene mediante un sistema di autorizzazioni con tanto di lista nera degli operatori da mettere alla berlina. Il blocco italiano è, tuttavia, soltanto formale: aggirando i blocchi operati sui DNS è ovviamente possibile accedere a qualsiasi operatore, tutto ciò operando però al di fuori della normativa nazionale e quindi con tutti i rischi che ne conseguono sia perdendo che vincendo capitale (lo stesso rientro di vincite illegittime potrebbe infatti risultare operazione complessa, problematica e non legale).

In Francia la grande apertura è avvenuta in questi giorni, appena in tempo per l’inizio dei Campionati Mondiali di calcio: 17 licenze, 11 operatori e grandi affari il cui via libera giunge direttamente dall’Autorité de Régulation des Jeux En Ligne (ARJEL) nelle stesse ore in cui l’Unione Europea mette nelle mani degli Stati sovrani una maggior possibilità di controllo sul settore.

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