Elio Vito: l'AGCOM non veglierà su YouTube

Elio Vito sgombra il campo dalle polemiche: le norme approvate dall'AGCOM non coinvolgono YouTube. Nessun rischio di censura, quindi.
Elio Vito sgombra il campo dalle polemiche: le norme approvate dall'AGCOM non coinvolgono YouTube. Nessun rischio di censura, quindi.

«I siti internet che non selezionano ex ante i contenuti generati dagli utenti ma effettuano una mera classificazione degli stessi non rientrano nel campo di applicazione della norma»: con queste semplici parole il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha spiegato l’esatta posizione del Governo e dell’AGCOM nei confronti di YouTube dopo che nei giorni scorsi nuovi dubbi avevano preso il largo a seguito dell’approvazione delle norme attuative del decreto con cui viene recepita la direttiva UE sui media audiovisivi.

«Lo stesso ministero per lo Sviluppo Economico ha fatto presente che i siti che effettuano una semplice classificazione dei contenuti audiovisivi non rientrano nei nuovi regolamenti sugli audiovisivi»: le parole di Elio Vito escludono quindi in modo diretto e senza margini di dubbio ulteriori il servizio di Google. YouTube, in quanto semplice calderone su cui è l’utenza a caricare i propri contenuti (senza decisioni “editoriali” da parte del gruppo di Mountain View), è formalmente escluso da ogni coinvolgimento.

Il problema era stato posto perché le nuove norme prevedevano un possibile rischio di censura dettato dal fatto che le normative previste per le iniziative editoriali sarebbero andate a pesare su di una repository di natura completamente differente. L’intervento del ministro Vito è giunto in risposta a specifica interrogazione da parte della deputata FLI Flavia Perina, la quale confida ora la propria soddisfazione per il sopraggiunto chiarimento: «Vito ha espressamente escluso l’assoggettabilità di YouTube, Vimeo e Dailymotion alla nuova regolamentazione. Un’interpretazione opposta avrebbe conseguenze molto pesanti per lo sviluppo della rete nel nostro Paese, sia in termini di libertà degli utenti, che a causa di una regolamentazione troppo pesante potrebbero vedersi interdetti servizi liberi nel resto del mondo, sia in termini di libertà economica degli operatori, i quali potrebbero trovare non pi profittevole la presenza in Italia. Ha prevalso la linea politica più ragionevole: un’Italia che ponesse filtri a YouTube sarebbe più simile alla Cina o alla Bielorussia che all’Europa Occidentale».

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