Spagna, tre Anonymous in manette

Un'operazione avviata nell'ottobre 2010 ha permesso alla polizia spagnola di arrestare nella giornata di ieri tre membri degli Anonymous.
Un'operazione avviata nell'ottobre 2010 ha permesso alla polizia spagnola di arrestare nella giornata di ieri tre membri degli Anonymous.

La polizia spagnola annuncia di aver messo a segno un importante colpo nella lotta al cybercrime: nella giornata di ieri sono stati arrestati tre membri dell’organizzazione Anonymous, il gruppo di anonimi la cui firma compare in calce a numerosi attacchi informatici degli ultimi anni.

Giunti agli onori della cronaca soprattutto in seguito al supporto fornito all’attivista Julian Assange in seguito allo scandalo WikiLeaks, affondando i siti web di numerosi gruppi che hanno provato ad ostacolare il quarantenne giornalista australiano quali Visa, MasterCard, Paypal ed Amazon, gli Anonymous risultano essere i responsabili anche di numerose altre aggressioni: i server Sony sui quali si basa il PlayStation Store, ad esempio, così come quelli della banca spagnola BBVA e della compagnia elettrica Enel hanno infatti recentemente subito attacchi DDOS proprio dal gruppo di anonimi.

L’arresto dei 3 membri è il frutto di una lunga operazione nata nell’ottobre 2010 a seguito di un’aggressione nei confronti del Ministero della Cultura, organizzata come di consueto tramite comunicazioni in forum e chat. Ed è proprio dai log di numerose chat che gli investigatori sono risaliti ad alcuni degli organizzatori degli attacchi, localizzandoli nelle città di Barcellona, Alicante e Valencia: sono oltre 2 milioni i messaggi analizzati al fine di individuare l’identità dei rispettivi mittenti, grazie al duro lavoro degli agenti spagnoli.

I blitz della polizia hanno permesso inoltre di rintracciare alcune delle applicazioni con le quali gli Anonymous hanno in più occasioni creato i malware adoperati nelle aggressioni verso server remoti, per lo più basate su tecniche di DDOS e sull’utilizzo di botnet. Due dei membri arrestati risultano poi sprovvisti di una propria connessione ad Internet: per eseguire le operazioni, infatti, hanno per lungo tempo fatto uso di una connessione Wi-Fi, crackandone le chiavi d’accesso.

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