iBooks Author, funzionalità e polemiche di licenza

iBooks Author: una breve analisi delle sue funzioni e delle polemiche che circondano il suo contratto EULA.
iBooks Author: una breve analisi delle sue funzioni e delle polemiche che circondano il suo contratto EULA.

iBooks Author è apparso ieri all’Apple Media Event e, come ormai da copione per gli ultimi prodotti Apple, ha ricevuto critiche davvero positive. Il sistema per la creazione di libri digitali è talmente immediato e semplice da incuriosire anche i neofiti, ed effettivamente risulta perfetto per studenti e insegnanti di scuola primaria e secondaria.

L’interfaccia è pulita, l’organizzazione delle funzioni esclude ogni forma di confusione e, in pochissimo tempo, si è pronti per la pubblicazione dei propri contenuti. Su Webnews è stata pubblicata una recensione approfondita di iBooks Author, in questa sede sarà sufficiente ripercorrerne le funzioni irrinunciabili.

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La barra superiore dell’applicazione presenta tutte le funzionalità più immediate dell’applicazione: l’orientamento portrait oppure landscape, l’inserimento di testi, tabelle, forme e grafici, gli strumenti di salvataggio e pubblicazione e l’utilissimo gruppo dei widget. La colonna di sinistra, invece, provvede a fornire l’organizzazione dell’eBook che si sta creando, con la suddivisione di indice, capitoli, paragrafi e quant’altro.

All’apertura, una comoda finestra propone 6 diversi template pre-configurati – Di Base, Contemporaneo, Moderno, Classico, Editoriale e Arte – e, una volta scelto il proprio stile, si passa immediatamente all’organizzazione di copertina e titolo. Il testo può essere scritto direttamente nell’applicazione oppure incorporato da un precedente file di testo in formato Word, Pages o TextEdit con un semplice drag&drop. La multimedialità è garantita dall’inserimento facilitato di immagini, video e podcast, sempre grazie all’immediata funzione di trascinamento, e dalle widget, vero cuore pulsante del software: “Documenti Multimediali“, “Immagine Interattiva“, “3D“, “Keynote“, “Verifica” e “HTML“. Qualsiasi widget venga inserita nell’eBook attiverà la comoda funzione di autoallineamento del testo, che seguirà il riquadro senza bisogno di modifiche aggiuntive da parte dell’utente, rispettando gli sfondi immagine ed allineandosi anche a curvature e linee irregolari. Il sistema è di tipo WYSIWYG, quindi non vi sono differenze dallo schermo del computer a quello di iPad, quest’ultimo collegabile al Mac anche in modalità live preview per testarne le funzionalità direttamente sul campo.

Creato l’eBook, si può procedere alla condivisione “in proprio”, ovvero al passaggio su iPad tramite sincronizzazione iTunes, oppure pubblicandolo su iBookStore. Ed è proprio questa ultima parte ad aver generato alcune polemiche in Rete. Se si opta per una distribuzione gratuita, l’eBook creato può essere trasferito anche su piattaforme esterne, quali altri canali di diffusione online. Qualora si preferisse la vendita, l’utente sarà obbligato all’utilizzo esclusivo di iBookStore. In tutto questo, almeno a livello di principio, non vi sarebbe molto di male: Apple, infatti, fornisce una piattaforma di creazione totalmente gratuita e cerca di recuperare la spesa incentivando la vendita sui propri canali. Questa possibilità, tuttavia, sarebbe completamente giustificata qualora fra l’utente e Cupertino vi fosse un contratto esplicito, cosa che invece non accade.

L’installazione di iBookStore da Mac App Store, infatti, non prevede l’accettazione consapevole da parte dell’utente dell’EULA, la licenza di utilizzo. L’applicazione alla prima installazione porta direttamente alla finestra di selezione del template, senza mostrare un menu a tendina dove l’utente può deliberatamente decide di sottostare alle regole di utilizzo. Il sistema, perciò, passa da un’approvazione esplicita dei limiti (“Accetti l’obbligo di vendere contenuti solo su iBookStore?”) a un’altra di tipo impositivo (“Usando il software accetti che Apple prenda parte dei tuoi guadagni”). In altre parole, è come se un’azienda produttrice di microfoni obbligasse i cantanti a vendere le proprie canzoni solo sul sito della società, o come se un produttore di fotocamere imponesse al fotografo di vendere i propri scatti solo nei propri negozi. Il focus del business passa dal prodotto, diventato gratuito, ai sui effetti, a pagamento. Una modalità, questa, che non viene accettata preventivamente dall’utente, ma decisa a priori dall’azienda.

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