Google invoca il Primo Emendamento

Google vuole dimostrare che il Primo Emendamento può essere applicato ai motori di ricerca: per farlo si affida ad un esperto docente di legge.
Google vuole dimostrare che il Primo Emendamento può essere applicato ai motori di ricerca: per farlo si affida ad un esperto docente di legge.

Google, Bing ed altri motori di ricerca rappresentano dei servizi di informazione volti a fornire i migliori contenuti agli utenti, allo stesso modo delle testate giornalistiche. Le testate giornalistiche sono protette da particolari leggi. Google, Bing ed altri motori di ricerca devono essere protetti da particolari leggi. Un sillogismo, questo, piuttosto semplice e lineare: la firma è quella di Eugene Volokh, docente di legge alla UCLA cui Google ha affidato il compito di condurre un’analisi riguardante proprio tale aspetto. Il fine ultimo dell’azienda di Mountain View, del resto, è piuttosto chiaro: dimostrare la possibilità di esser protetta dal Primo Emendamento.

La tesi portata avanti da Google mediante le parole di Volokh potrebbe rappresentare dunque la nuova arma che la società intende utilizzare nei diversi processi che la vedono implicata per abuso di posizione dominante, sia negli Stati Uniti che in Europa, con svariate aziende che hanno puntato il dito contro il colosso delle ricerche. Il Primo Emendamento, qualora possa essere applicato ai motori di ricerca, consentirebbe infatti loro di filtrare i contenuti mostrati agli utenti, rimuovendo link oppure specifiche informazioni senza che alcuna legge possa proibirlo a priori.

Il documento redatto dal docente di legge ed esperto proprio in materia di Primo Emendamento vuole essere dunque la base sulla quale Google ha intenzione di erigere il nuovo proprio muro difensivo contro le accuse che ciclicamente le piovono addosso da altri nomi operanti nel Web. Avere tale emendamento dalla propria parte significherebbe impugnare un’importante arma nelle battaglie legali in corso, o prevenire eventuali nuove denunce, ma anche poter organizzare i risultati delle query nella maniera che ritiene più opportuna, filtrando ad esempio i contenuti forniti da aziende rivali per favorire invece soluzioni fatte in casa. Il che potrebbe avere fondamentale valenza anche nelle accuse antitrust mosse da Microsoft ed altri gruppi.

Eugene Volokh, insomma, intende dimostrare come Google e gli altri motori di ricerca non differiscano in alcun modo da società quali New York Times oppure CNN e vadano dunque catalogati come aziende operanti nel settore dei media. Il report in questione potrebbe quindi finire presto nelle mani delle autorità per una valutazione oggettiva, la quale potrebbe rappresentare un importante peso sulla bilancia in grado di far pendere l’ago da una parte piuttosto che dall’altra.

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