David Sacks: la Silicon Valley sta per finire

David Sacks, CEO Yammer, prevede la fine della Silicon Valley per come la intendiamo: troppi rischi e troppa difficoltà di emergere soffocano l'ambiente.
David Sacks, CEO Yammer, prevede la fine della Silicon Valley per come la intendiamo: troppi rischi e troppa difficoltà di emergere soffocano l'ambiente.

La Silicon Valley, per come la conosciamo, sta per giungere al tramonto. Non è una rivelazione profetica, non è una previsione catastrofista, ma è questa la provocazione che ha lanciato David Sacks, CEO Yammer, a poche settimane dalla cessione del gruppo alla Microsoft. L’indicazione di Sacks non è un grido d’allarme, ma una semplice constatazione, un modo per descrivere un contesto che vede per i grandi sempre maggiori opportunità e per i piccoli sempre maggiori rischi. Il risultato è quello per cui emergere diventa sempre più difficile, il rischio è sempre più alto ed in questo quadro l’atmosfera frizzante della Silicon Valley rischia di rimanere più un mito che non una reale opportunità.

David Sacks ha lanciato la propria pungolatura attraverso il proprio profilo su Facebook, nel quale ha snocciolato il proprio teorema raccogliendo immediatamente gli strali di Marc Andreessen (uno che dalla guerra di Netscape in poi ha più e più volte rilanciato la propria scommessa sulla Silicon Valley). Secondo Sacks per emergere e creare una nuova compagnia oggi servono infatti tre condizioni concomitanti, tre ingredienti fondamentali in assenza dei quali nessuna idea, nessun gruppo e nessun investitore è realmente in grado di imporsi sul mercato:

  • trovare un’idea che i grandi gruppi abbiano ignorato, così da poter agire indisturbati almeno in una fase iniziale senza gravosi ostacoli sulla propria strada;
  • avere almeno 5 milioni di dollari per l’investimento iniziale, per mettere in moto una macchina rapida ed efficiente che raggiunga immediatamente una sufficiente autonomia e velocità di sviluppo;
  • riuscire a mettere in piedi un meccanismo tutelabile dall’attacco dei grandi gruppi nel momento in cui noteranno quel che si sta andando a costruire.

Secondo Sacks le grandi compagnie non si sono mai dimostrate tanto capaci quanto oggi di intercettare le buone idee e farle proprie, catalizzando così tutte le migliori opportunità del mercato e facendo incetta di opportunità in fasce. Agli altri sono lasciate le briciole, spesso nemmeno queste ultime.

Andreessen contesta (ancora via Facebook) tale punto di vista ricordando che finché c’è vita ci sono opportunità, poiché la creatività non ha limiti ed ogni buona idea può essere una buona opportunità. Il mondo start-up sarebbe inoltre ancora in grado di attrarre talenti, il che significa poter ancora agire con capacità, capitali ed intuizioni che sfuggono alla forza centrifuga delle grandi compagnie.

Sacks si dimostra semplicemente più pessimista rispetto ad Andreessen, il quale invece instilla ottimismo nell’ambiente poiché necessita di nutrire quello stesso ecosistema sul quale sta investendo da tempo. Punti di vista che l’Italia guarda da lontano, cercando di capire se le regole di Sacks valgano anche in Italia dove le idee spesso non mancano, mentre investimenti iniziali e capacità di tutelarsi dalle ambizioni dei grandi gruppi sono ingredienti spesso del tutto assenti. Mentre la Silicon Valley volge alla fine (secondo la previsione di Sacks) è probabilmente venuto per l’Italia il momento giusto per una riflessione più matura sul ruolo delle start-up, sul ruolo dei finanziatori e sulla reale capacità imprenditoriale del nostro paese.

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