Datagate, così Microsoft collabora con la NSA

Secondo nuovi documenti emersi dal Datagate, Microsoft avrebbe offerto alla NSA accessi dedicati ai server di Skype, Outlook e SkyDrive
Secondo nuovi documenti emersi dal Datagate, Microsoft avrebbe offerto alla NSA accessi dedicati ai server di Skype, Outlook e SkyDrive

Nuovi documenti emersi dal Datagate, avviato dalle soffiate di Edward Snowden, gettano una luce sinistra sul rapporto tra Microsoft e la NSA. Secondo quanto trapelato, infatti, il gruppo guidato da Steve Ballmer avrebbe rapporti intensi e continuativi con l’intelligence statunitense, mettendo a disposizione una cospicua mole di informazioni alle autorità.

Secondo quanto indicato nei documenti messi a disposizione da Snowden, Microsoft avrebbe messo nelle mani della NSA le informazioni raccolte tramite Outlook, Skype, SkyDrive ed altre proprietà del gruppo. Centinaia di milioni di persone, insomma, sarebbero intercettabili (ed intercettate) grazie al lavoro che Microsoft ha messo a punto per consentire alle autorità di accedere a tali informazioni in caso di necessità. Il famigerato “Prism“, insomma, sarebbe un sistema organizzato e complesso in grado di arrivare pressoché ovunque, verificando per qualsiasi persona tutte le informazioni depositate sui server dell’azienda di Redmond (e le altre, quali Facebook, Apple, Yahoo o Google).

Il condizionale rimane d’obbligo. Microsoft, infatti, ha immediatamente diramato un comunicato ufficiale in risposta all’articolo del Guardian contenente le nuove rivelazioni. Sebbene non si neghi la collaborazione con la NSA, il gruppo spiega però di aver semplicemente fatto ogni sforzo possibile per adeguarsi alle normative. Si nega, soprattutto, che le autorità abbiano accesso diretto ed indiscriminato ai server: l’azienda valuta ogni richiesta singolarmente e consegna le informazioni soltanto in presenza di documentazione valida.

Ancora una volta, insomma, il discorso si arena sul “come”: le rivelazioni di Snowden hanno il merito di mettere in luce con maggior chiarezza il grado di capillarità a cui l’intelligence statunitense è in grado di arrivare grazie a Prism, ma al tempo stesso la barriera difensiva delle aziende e dell’amministrazione Obama è costituita da procedure e tutele che, almeno in linea teorica, dovrebbero garantire un equo compromesso tra la sicurezza del paese e la privacy dei singoli cittadini.

Le accuse di Snowden a Microsoft sono forti e precise: il gruppo avrebbe lanciato Outlook.com soltanto dopo aver fornito alla NSA una chiave per accedere alle informazioni ivi archiviate; il gruppo avrebbe operato con l’FBI negli ultimi mesi per facilitare l’accesso a SkyDrive; la NSA ha moltiplicato la capacità di intercettazione di videochiamate su Skype (iniziata nel 2011, ma molti hanno additato Microsoft il giorno stesso in cui il meccanismo alla base del servizio è mutato, trasformando il vecchio P2P di Zennstrom e Friis in un sistema basato su server e maggiormente gestibile in modo centralizzato). I cittadini stranieri, ossia la maggior parte degli account Microsoft, sarebbero peraltro intercettabili senza richieste mirate, offrendo così all’intelligence armi ulteriori di controllo che agli utenti USA sono applicate soltanto con qualche tutela ulteriore.

Nel prendere posizione sul caso, Microsoft precisa come ogni aggiornamento dei propri servizi è pensato per assolvere appieno gli obblighi legali derivanti dall’azione in un determinato paese: il gruppo suggerisce semplicemente maggior serenità e maggior trasparenza nell’affrontare il discorso, poiché secondo il team di Redmond soltanto una discussione aperta sul tema ne renderà possibile una piena comprensione. La consapevolezza, insomma, è vista come il tassello mancante nel caso Datagate, ove le stesse aziende vorrebbero sgravarsi di un peso difficile da sopportare e dove soltanto chiarendo alcuni punti delicati sarà possibile ripristinare la piena fiducia.

Ogni informazione raccolta dalla NSA sarebbe peraltro condivisa con FBI e CIA, in un lavoro di squadra che mette la folta mole di dati raccolti nelle mani delle autorità di controllo del paese. Che l’imbarazzo internazionale attorno alla vicenda sia alto, insomma, è cosa ovvia e per l’amministrazione Obama trattasi ormai di una patata bollente difficile da gestire senza contraccolpi.

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