Guida ai fondi di garanzia per le startup

Il MInistero dello Sviluppo economico illustra l'intervento pubblico a sostegno del credito alle imprese innovative e agli incubatori.
Il MInistero dello Sviluppo economico illustra l'intervento pubblico a sostegno del credito alle imprese innovative e agli incubatori.

Il fondo di garanzia destinato alle PMI è indirizzato anche alle startup innovative. Questa è una delle novità più importanti del lavoro della segreteria tecnica del Ministero dello Sviluppo Economico per l’ecosistema startup, che la scorsa primavera aveva con decreto apposito aperto il fondo stabilendo nuovi criteri in favore di startup e incubatori certificati. Ieri il MISE ha pubblicato una guida per accedervi.

Il fondo di garanzia centrale è uno strumento pensato già tempo fa per aiutare le piccole e medie imprese affiancandole nell’accesso al credito bancario, nota dolente di questi tempi: essendo in difficoltà i debitori, che faticano a rientrare, gli istituti tendono a concedere meno prestiti. La garanzia pubblica, in pratica, sostituisce le costose garanzie normalmente richieste per ottenere un finanziamento dalle banche compensando gli effetti distorsivi della eccessiva esposizione.
Se fondidigaranzia.it era già noto come portale di informazione per le imprese, il MISE ha tenuto a pubblicare una guida sintetica all’accesso al Fondo pensato proprio dal punto di vista delle startup e degli incubatori. Sono chance possibili da qualche mese, ma rinfrescare la memoria non fa male.

Cosa garantisce il fondo

Sia le startup che gli incubatori regolamente registrati e che quindi corrispondano ai requisiti di legge, non solo possono attingere a questo fondo, ma per loro è anche più semplice. Le pratiche sono lette secondo piani previsionali, la garanzia è concessa a titolo gratuito ed è ammissibile per tutte le tipologie di operazioni.
L’intervento dello Stato arriva a un importo massimo di 2,5 milioni di euro per ogni startup innovativa o incubatore certificato, da utilizzare anche attraverso più operazioni. Se si considera che una startup è considerata tale quando non supera i 5 milioni di fatturato annuo, ci si rende conto che l’importo di garanzia è elevato, ma in ogni caso non potrà coprire più dell’80% dell’ammontare del finanziamento o l’80% dell’importo garantito da confidi o altro fondo di garanzia nel caso di controgaranzia.
Il restante 20% tocca al creditore, cioè la banca, così da coinvolgere il sistema, che ha un rapporto più diretto con l’impresa finanziata, essendo però molto incentivata a sostenerla visto che non rischia più tutta la cifra ma soltanto un quinto.

Come funziona il Fondo

Anche se il fondo del ministero interviene così pesantemente sulla garanzia impresa-banca, non è l’impresa a chiederne l’accesso, ma la banca stessa. L’impresa quindi non può inoltrare la domanda direttamente al Fondo, ma deve rivolgersi a una banca (qui l’elenco dei soggetti che operano con il Fondo divisi per provincia) per richiedere il finanziamento e, contestualmente, richiedere che sul finanziamento sia acquisita la garanzia diretta. Sarà la banca stessa ad occuparsi della domanda, o in alternativa l’impresa si può rivolgere a un Confidi.
Le procedure, promettono dal MISE, sono veloci e per le startup e incubatori – considerando il loro numero e il tipo di operazioni richieste – lo sono ancora di più. L’impresa viene informata via email sia della presentazione della domanda sia dell’adozione della delibera.

L’esperienza di una startup

Per avere un esempio concreto dell’esperienza di uno startupper che acceda al fondo, basta leggere il post di PubCoder, che racconta il suo percorso, dà qualche consiglio (preparare un business plan serio; trovare la banca giusta e convincerla; condividere l’esperienza perché molti istituti ignorano queste possibilità) e commenta positivamente:

Meno burocrazia, tassi migliori, nessuna garanzia aggiuntiva. E, soprattutto, più informazione diffusa su uno dei pochi strumenti a disposizione di chi voglia provarci. Ci sono cento altre cose da fare, e tutto è perfettibile. Però, fino al luglio 2013 una startup, in una banca, veniva accolta con una pernacchia. Oggi si discute: è qualcosa.

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