La IWA denuncia la webtax all'Europa

La IWA Italia ha comunicato a Bruxelles lo stato dell'arte sulla webtax, denunciandone i profili di violazione del diritto comunitario. E ce ne sono altre.
La IWA Italia ha comunicato a Bruxelles lo stato dell'arte sulla webtax, denunciandone i profili di violazione del diritto comunitario. E ce ne sono altre.

La parte italiana dell’Associazione Internazionale dei professionisti del web (IWA) ha deciso di inviare una denuncia formale alla Commissione Europea per evidenziare quelle che a suo parere sono inadempienze al diritto comunitario, invitando Bruxelles ad adoperarsi entro l’entrata in vigore della controversa legge italiana.

La denuncia è firmata dal presidente di IWA Italia, Roberto Scano, che non ha mai mancato in questi mesi di attaccare, molto duramente, il testo che impone nell’articolo 33 che i soggetti passivi effettuino acquisti di servizi di pubblicità e link web sponsorizzati solo da soggetti titolari di una Partita IVA italiana, includendo anche pubblicità o link sponsorizzati contenuti nei risultati dei motori di ricerca “visualizzabili sul territorio italiano”, mentre gli articoli 177 e 178 obbligano il soggetto erogatore di servizi a possedere una P.IVA. Un escamotage nato per contrastare il famoso profit shifting delle multinazionali con sede in Irlanda (in pratica, tutte), che riescono a eludere il fisco nazionale sfruttando un vuoto legislativo delle regole europee.

La svolta di Destinazione Italia

La svolta che ha rotto gli indugi è stata certamente la conversione in legge di Destinazionale Italia – oggi alla Camera – dove non è riuscita la volontà delle opposizioni di abolire i tre articoli inseriti nel decreto approvato a dicembre. Com’è noto, essendo il decreto attivo ma avendo il governo posticipato la sua attuazione al 1° luglio, la discussione nelle commissioni e in aula poteva essere occasione per cancellare la webtax, ma non si è trovata una conversione con la maggioranza e in particolare il Partito Democratico, che avrebbe al suo interno coloro che non apprezzano il testo (a partire dal segretario Matteo Renzi), ma non c’è la possibilità politica di trovare oggi una strategia di uscita.
Per questa ragione, il documento informa la Commissione:

Il denunciante ritiene che questi obblighi siano contrari al mercato unico europeo dei servizi e al principio comunitario della libertà di stabilimento. Il provvedimento mira non solo a penalizzare le multinazionali ma introduce specifici adempimenti che colpiscono anche società europee che non hanno sede in Italia. L’assurdità della norma, che prevede l’obbligo di obbligare al possesso della partita IVA qualsiasi pubblicità presente sul Web e “visualizzabile sul territorio italiano”.
Di fatto con l’applicazione di parte di questa norma (sospesa sino al 1 luglio 2014) obbligherebbe qualsiasi attività di vendita di servizi promozionali in rete (pubblicità e non solo) ad aprire P.IVA in Italia, anche se l’attività non viene svolta nel territorio italiano, ma solo per il fatto che il servizio è visibile tramite internet anche in Italia.

Scano spiega il suo intento

Roberto Scano ha reso pubblica questa denuncia, la prima da parte di un’associazione, che richiama la Direttiva Servizi 2006/123/CE e la Direttiva sul Commercio Elettronico 2000/31/CE come argomenti forti per la incompatibilità della webtax.

Chiunque può denunciare eventuali inadempienze di questo genere a Bruxelles: esistono altre contestazioni?

Esatto, chiunque può farle, c’è un modulo di riferimento in tal senso, ma può essere fatta anche semplicemente via email. Da quanto ho letto in rete ci sono state altre denunce tra cui quella di Andrea Caccia, ma per quanto ne so siamo la prima associazione professionale che effettua denuncia formale.

Perché soltanto oggi? C’entra Destinazionale Italia? Non c’è più via parlamentare?

Quanto è successo in parlamento con il Destinazione Italia è chiaramente la motivazione che ha portato alla stesura della lettera. Come è risaputo, la norma è stata parzialmente sospesa in attesa di un parere da parte dell’UE. Si è poi appreso grazie a Federico Morello (Young Advisor per l’Agenda Digitale Europea) che la stessa Neelie Kroes crede che webtax sia stata rimossa dalla bozza di legge nel dicembre 2013. Ho ritenuto pertanto doveroso porre all’attenzione degli organi competenti la necessità di verificare la violazione di norme europee, considerato che con il decreto sia il governo che la maggioranza parlamentare hanno dato un chiaro segno di non voler rimuovere tale normativa.

Quale sarà l’iter di questa denuncia e che conseguenze potrebbe avere?

L’iter prevede l’analisi e la valutazione della richiesta da parte dell’UE, ho segnalato l’importanza di adoperarsi entro l’entrata in vigore proprio per evitare di ritrovarci a fine giugno 2014 con gli stessi problemi del dicembre 2013. Ho fatto notare l’assurdità del comma 33 (il famoso comma “Boccia”, ritenuto invece perfetto dal proponente) dell’obbligo di partita iva italiana obbligatoria per chiunque produce pubblicità visualizzabile sul territorio italiano, ovvero da qualsiasi realtà al mondo. A mio parere è il punto più inattuabile e contradditorio della webtax. Se l’UE riterrà fondati questi argomenti è previsto che si attivi con lo stato membro prima per la segnalazione e poi per la rimozione.

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