Audi, Google e automotive: una visione del domani

In occasione del Luxury Summit organizzato dal Sole 24 Ore, Audi e Google parlano del futuro della mobilità: una visione del domani nel settore automotive.
In occasione del Luxury Summit organizzato dal Sole 24 Ore, Audi e Google parlano del futuro della mobilità: una visione del domani nel settore automotive.

Quale sarà l’innovazione realmente capace di cambiare le carte in tavola nel settore automotive? I veicoli diventeranno sempre più simili ad un dispositivo? Il modello di Mobility ad a Service è destinato a soppiantare la concezione di mobilità così come la conosciamo oggi? Immaginare il futuro delle quattro ruote non è semplice, in un periodo di grande fermento come quello attuale, in cui l’esigenza di trovare nuove soluzioni (ad esempio quelle legate alla guida autonoma) più sostenibili e affidabili si mischia al desiderio di innovazione tecnologica manifestato dagli automaker.

Audi: innovazione e benefici

Se ne è parlato sul palco dell’ottava edizione del Luxury Summit, andato in scena a Milano e organizzato dal Sole 24 Ore. Tra gli interventi anche quello di Fabrizio Longo, Direttore di Audi Italia. La visione dell’azienda è proiettata verso un futuro in cui i sistemi V2V (Vehicle-to-Vehicle) e V2I (Vehicle-to-Infrastructure) renderanno gli spostamenti più confortevoli e sicuri. Le vetture potranno comunicare tra loro, indipendentemente dal marchio, così come con la cartellonistica e gli edifici, dando vita ad un invisibile e continuo scambio di informazioni. Ne conseguiranno benefici concreti per la collettività.

Il futuro non è l’Audi che si guida da sola, ma quando un’Audi potrà dialogare con una Fiat e una Toyota. E quando la Fiat, la Toyota e l’Audi insieme potranno dialogare con i semafori o con i parcheggi. Chiameremo un’auto con lo smartphone, e non è fantascienza, la macchina arriverà e andrà a parcheggiare da sola, con un risparmio del 30%. Se immaginate anche dal punto di vista urbanistico la rivoluzione che questo potrà prevedere, è più comprensibile quanto tutto questo indotto, se ci si mette a lavorare in termini fruttuosi insieme, potrà portare benefici. Per noi le due stelle polari sono comfort e sicurezza.

Le self-driving car costituiranno un tassello importante nel puzzle della mobilità evoluta. Longo sottolinea i progressi effettuati dal gruppo dei quattro cerchi in questo ambito e come alcune tecnologie in grado di sollevare il conducente dall’obbligo di gestire l’auto siano già pronte per il mercato.

Io non credo, ma questa è una mia personale convinzione, che l’auto subirà un futuro da commodity. Credo che il senso di libertà e la passione per il prodotto vinceranno anche rispetto a delle forme così avanzate. Tenete conto che mentre c’è chi studia, noi il prossimo anno avremo una vettura integralmente pilotata automaticamente, venduta. È già una delle vetture che vedete oggi, utilizzate già oggi a Milano: se voi le lasciate, fino a 60 Km/h si comportano da sole. Se chiudiamo gli occhi, gli ultimi dieci, cinque anni hanno prodotto un’accelerazione formidabile. Adesso il tema del dibattere è come queste cose potranno riflettersi in termini di benefici.

Google-FCA, i tempi della partnership

Quando il microfono passa a Fabio Galetto, Direttore settore Auto, Luxury e Travel di Google Italia, il focus della discussione si sposta inevitabilmente sull’accordo appena siglato dal gruppo di Mountain View con Fiat Chrysler Automobiles. I veicoli a guida autonoma che nasceranno dalla collaborazione (all’interno di un nuovo centro di sviluppo a Detroit) richiederanno non più di quattro-cinque anni prima di poter arrivare su strada, offrendo a tutti la possibilità di salire in auto, impostare una destinazione e lasciare che siano i sistemi di bordo ad occuparsi di ogni aspetto del viaggio.

La scorsa settimana Fiat ha dato l’accordo per le prime dieci macchine. Ovviamente ci sono ancora step da fare, Marchionne si è pronunciato su quanto tempo secondo lui passerà prima di vederle sulle strade, ma è sintomatico che il Direttore del progetto Google, che ha una figlia che mi sembra abbia undici anni, ha detto che probabilmente sua figlia non prenderà mai la patente, ma andrà su una macchina. Quindi ormai siamo nell’ordine dei quattro o cinque anni, considerando che in America si prende a sedici anni. Adesso secondo me diventa sterile parlare di tipi di applicazioni useremo ecc., quello che diventa centrale, soprattutto per quel tipo di generazioni, è il tipo di valore che loro vogliono. Il tempo è una delle ricchezze più grosse che loro pretendono e la macchina glielo può fornire.

Uno sforzo collettivo

Se automaker e realtà del mondo hi-tech sembrano pronti a premere sul pedale dell’innovazione, perché questa visione possa concretizzarsi servirà inevitabilmente uno sforzo da parte del legislatore. Le attuali normative necessitano di una revisione che tenga conto di come un giorno non troppo lontano saranno algoritmi e sensori a controllare gli spostamenti. Il conducente diverrà passeggero e di conseguenza dovrà essere (almeno in parte) sollevato dalle responsabilità che oggi gravano sulla testa di chiunque impugni un volante. Anche l’ambito urbano e chi è delegato alla sua gestione dovranno adattarsi: strade e infrastrutture saranno componenti attive e integranti della mobilità, non più semplici elementi di contorno statici e passivi.

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