Proxima b, possibile la vita nel vicino esopianeta

Il pianeta che orbita intorno alla stella più vicina alla terra potrebbe avere le condizioni per ospitare la vita, dichiara un nuovo studio.
Il pianeta che orbita intorno alla stella più vicina alla terra potrebbe avere le condizioni per ospitare la vita, dichiara un nuovo studio.

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society ha sottolineato come l’esopianeta più vicino alla Terra potrebbe ospitare la vita. Il gruppo di ricercatori della Cornell University ha rilevato che Proxima-b, che si trova in orbita attorno a Proxima Centauri, cioè la stella più vicina al Sistem Solare (4,5 anni luce), potrebbe avere le condizioni per ospitare forme di vita.

La quantità dei raggi ultravioletti (UV) che lo investe sembrerebbe inferiore a quella ricevuta dalla Terra primitiva, circa 4 miliardi di anni fa. In quel periodo cominciarono ad evolversi le prime forme di vita sul nostro pianeta. Proxima-b è stato colpito da una enorme eruzione nel 2016, avvenuta su Proxima Centauri. Gli scienziati infatti pensavano che nessun organismo vivente avrebbe potuto sopravvivere a questo evento gigantesco.

In realtà recentemente la NASA ha rilevato molecole d’acqua nell’atmosfera del pianeta, quindi è tornata la possibilità della vita su Proxima-b. I ricercatori, guidati da Lisa Kaltenegger e Jack O’Malley-James, è riuscita a ricostruire tramite modelli al computer la pioggia di raggi UV che colpisce i pianeti al di fuori del Sistema Solare. Questi pianeti orbitano attorno a diversi tipi di stelle rispetto al Sole, cioè le nane rosse, più piccole e relativamente fredde, che “bombardano continuamente i pianeti vicini con radiazioni ultraviolette, più di quanto non faccia il nostro Sole con la Terra”.

La ricerca si è quindi concentrata dall’analizzare il tasso di sopravvivenza dei batteri estremofili a dosi sempre più grandi di raggi UV. Si tratta di microrganismi terrestri che riescono a sopravvivere a condizioni estreme, anche quando sono esposti a forti radiazioni. Questi dati sono stati confrontati con le condizioni della Terra di 4 miliardi di anni fa, quando nell’atmosfera non c’era ancora ossigeno e ozono (quelle che proteggono dalle radiazioni solari). Insomma il bombardamento di raggi UV, secondo i ricercatori, non dovrebbe limitare l’abitabilità dei pianeti che orbitano attorno alle nane rosse.

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