Grindr, addio Cina: l'app dovrà essere venduta

Gli USA richiedono all'attuale proprietà di Grindr, app gay ora in mano cinese, di vendere la società entro il 2020: rischi per i dati degli utenti.
Gli USA richiedono all'attuale proprietà di Grindr, app gay ora in mano cinese, di vendere la società entro il 2020: rischi per i dati degli utenti.

Grindr, la popolare applicazione per gli incontri LGBT, dovrà essere venduta entro la metà del 2020, passando così dall’attuale controllo cinese a quello di un’altra azienda, preferibilmente statunitense. È questa la richiesta che il CFIUS, il Committee on Foreign Investment in the United States, ha avanzato alla compagnia asiatica Kunlun Tech Co Ltd. E, a quanto pare, il gruppo cinese avrebbe accettato la proposta di vendita.

La decisione, così come riferisce NBC News, nascerebbe dalle indagini condotte dal CFIUS lo scorso marzo, in merito ai potenziali rischi per la sicurezza degli utenti statunitensi iscritti al popolare servizio di incontri. Secondo le autorità a stelle e strisce, infatti, le attuali normative cinesi non offrirebbero sufficienti garanzie sulla protezione dei dati sensibili dei membri: oltre all’orientamento sessuale e all’identità di genere, il database di Grindr può contenere informazioni come immagini personali molto intime, la posizione geolocalizzata oppure lo stato sierologico del soggetto.

Grindr: controversie sulla privacy

L’azienda Kunlun, la quale ha accettato di mantenere gli headquarter di Grindr negli Stati Uniti dopo l’acquisizione del servizio qualche anno fa, ha già sottolineato come abbia deciso di escludere qualsiasi operazione relativa all’app in Cina, nonché ha ribadito come nessun dato personale venga inviato al Paese asiatico, proprio per rispettare le richieste sulla protezione della privacy negli Stati Uniti. Kunlun ha preso controllo di Grindr nel 2016, con un’acquisizione da 93 milioni di dollari, per poi ottenere il resto della società nel 2018. Kunlun è uno dei gruppi informatici cinesi più grandi, specializzata soprattutto nel gaming mobile e in altre app, distribuite su tutte le piattaforme. È inoltre parte del consorzio che, nel 2016, ha acquisito Opera per 600 milioni di dollari, come sempre riferisce NBCNews.

La stretta attorno allo sviluppatore cinese si inserisce nella recente ondata, per certi versi forse troppo accesa, voluta dall’amministrazione Trump nei confronti delle società cinesi. Di pochi giorni fa, ad esempio, la notizia di forti limitazioni sull’espansione di Huawei nel territorio a stelle e strisce.

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