Il canone Rai si pagherà anche per il 2026. La tanto discussa tassa di possesso per il servizio pubblico radiotelevisivo rimarrà invariata a 90 euro, come confermato dalla bozza della Legge di Bilancio 2026. Nessuna riduzione, nessun alleggerimento e nessun taglio sono stati inseriti tra le misure finanziarie, segnando così una chiara scelta di continuità rispetto all’attuale assetto.
La decisione del governo, in netta controtendenza rispetto agli anni precedenti, mostra come l’attenzione dell’esecutivo si sia progressivamente spostata verso altre priorità. Nel recente passato, la Lega di Salvini aveva infatti ottenuto una riduzione del canone a 70 euro per il 2024, ma la cifra era stata prontamente riportata a 90 euro già per il 2025. Ora, la conferma della tariffa anche per il prossimo anno sancisce la volontà di non riaprire un dibattito politico che, nelle intenzioni della maggioranza, rischierebbe di compromettere altri interventi fiscali considerati più urgenti, come i possibili prelievi bancari.
La stabilità del canone Rai non è tuttavia un segnale di salute per i conti della TV pubblica. Al contrario, la Rai si trova a dover fronteggiare una situazione finanziaria complessa, con un indebitamento che sfiora il miliardo di euro e la necessità di reperire nuove risorse per garantire la sostenibilità del servizio pubblico. In quest’ottica, il management di Viale Mazzini ha messo a punto un piano di ristrutturazione che ruota attorno a due operazioni strategiche: la cessione di una quota di Rai Way e la vendita immobili di proprietà, con particolare attenzione agli storici edifici di Corso Sempione a Milano.
Queste due iniziative, approvate a metà 2024, sono considerate fondamentali per rafforzare la liquidità aziendale e alleggerire il peso dei debiti. Tuttavia, entrambe le operazioni stanno incontrando ostacoli non trascurabili. La vendita immobili, infatti, risulta rallentata da un’inchiesta urbanistica milanese che sta bloccando le autorizzazioni necessarie alla cessione degli stabili di Corso Sempione. Parallelamente, la cessione del 10% di Rai Way – valutata intorno ai 130 milioni di euro – è stata congelata su indicazione del Tesoro, che ha rinviato ogni decisione a giugno 2025.
Questo slittamento ha ripercussioni dirette sulla possibilità di incassare il cosiddetto dividendo straordinario, una voce ritenuta cruciale per la tenuta del piano industriale entro il 2026. La mancata realizzazione di questa operazione potrebbe infatti mettere a rischio la copertura finanziaria necessaria per i progetti di digitalizzazione e sviluppo, oltre che per il rinnovo delle infrastrutture tecnologiche e produttive.
La questione finanziaria non è però l’unico aspetto che preoccupa. Sul fronte dei servizi, la stabilità economica rappresenta una condizione imprescindibile per consentire alla Rai di investire in produzioni originali e di qualità, indispensabili per competere in un mercato dello streaming sempre più affollato da colossi internazionali. Gli analisti sottolineano che eventuali limitazioni di budget potrebbero rallentare i progetti di innovazione e compromettere la capacità della Rai di offrire contenuti al passo con le nuove esigenze del pubblico.
A livello politico, la maggioranza ha scelto una linea di prudenza, evitando di riaprire il dossier canone Rai proprio per non ostacolare il delicato percorso di ristrutturazione. Dall’altra parte, le opposizioni e le associazioni dei consumatori continuano a chiedere maggiore trasparenza sulla governance e sulle alternative di finanziamento, mentre i sindacati interni esprimono forte preoccupazione per le possibili ricadute occupazionali legate ai piani di dismissione e riorganizzazione.
Se vuoi aggiornamenti su Prezzi e tariffe inserisci la tua email nel box qui sotto: