Nel mondo digitale di oggi, dove la privacy sembra essere sempre più minacciata, milioni di utenti si affidano alle VPN personali come soluzione immediata per proteggere i propri dati e navigare in sicurezza. Ma se la fiducia riposta in questi strumenti fosse mal riposta? È quanto suggerisce un recente e preoccupante avvertimento lanciato dalla CISA (Cybersecurity and Infrastructure Security Agency) americana, che invita a una riflessione critica su uno degli strumenti di sicurezza smartphone più popolari e apparentemente innocui.
Per molti, installare una VPN sul proprio dispositivo mobile rappresenta la risposta definitiva alle minacce digitali: si crede che basti attivare una connessione cifrata per essere al sicuro da occhi indiscreti, hacker e persino dai provider di servizi Internet. Tuttavia, secondo la CISA, questa convinzione rischia di trasformarsi in una vera e propria trappola. Il pericolo, infatti, non risiede tanto nella tecnologia in sé, quanto nell’uso disinformato e impulsivo che spesso ne viene fatto.
L’agenzia statunitense ha analizzato a fondo il fenomeno, evidenziando come il passaggio dei dati personali da un fornitore Internet a un provider di VPN personali non sia di per sé garanzia di sicurezza. Anzi, nella maggior parte dei casi, l’utente non fa altro che spostare il proprio rischio da un’entità a un’altra, senza alcuna certezza sulla reale affidabilità del nuovo custode dei suoi segreti digitali. Questo cambio di prospettiva può rivelarsi fatale, soprattutto quando il provider scelto si dimostra inaffidabile o addirittura compromesso.
Negli ultimi mesi, diversi esperti di sicurezza smartphone hanno documentato un aumento esponenziale di attacchi informatici che sfruttano proprio questa dinamica. In particolare, sono stati segnalati numerosi casi in cui provider di VPN apparentemente legittimi si sono rivelati dei veri e propri “cavalli di Troia digitali”: strumenti usati dagli hacker per intercettare dati bancari, cronologie di navigazione, credenziali di accesso e informazioni sensibili. In pratica, invece di proteggere la privacy, alcune VPN si trasformano in una porta d’accesso privilegiata per i cybercriminali.
La radice del problema è spesso sorprendentemente semplice: la mancanza di trasparenza nelle politiche di gestione dei dati, l’assenza di una politica no log chiara e certificata, e la diffusione di servizi che non adottano protocolli di crittografia moderni come OpenVPN o WireGuard. A ciò si aggiunge la tendenza degli utenti a scaricare e installare la prima app disponibile senza alcuna verifica della sua affidabilità o struttura tecnica, mossi dall’urgenza di sentirsi protetti.
Un altro aspetto spesso trascurato riguarda la presenza di funzioni avanzate come il kill switch, che garantisce la disconnessione automatica da Internet in caso di caduta della VPN, impedendo così che i dati personali vengano esposti involontariamente. Senza questa caratteristica, la sicurezza offerta dalla VPN è solo apparente, e i rischi di esposizione aumentano notevolmente.
La CISA non si limita a lanciare l’allarme, ma suggerisce una serie di criteri per orientarsi nella scelta di una VPN realmente affidabile. Tra questi, spiccano la presenza di una politica no log rigorosa e verificabile, l’adozione di protocolli di crittografia avanzata come OpenVPN e WireGuard, la protezione dati tramite DNS sicuri, la funzione kill switch e, per i più esigenti, il supporto al routing multi-hop che consente di instradare il traffico attraverso più server, aumentando ulteriormente la riservatezza.
Senza questi elementi, la VPN rischia di trasformarsi da strumento di difesa a vera e propria minaccia: ciò che dovrebbe proteggere la privacy finisce per diventare la sua prigione. L’invito è dunque a non lasciarsi ingannare dalla falsa sensazione di sicurezza e a compiere scelte informate, valutando attentamente le caratteristiche tecniche e le politiche di ogni servizio prima di affidargli la propria vita digitale.
La lezione che emerge da questa analisi è chiara: la sicurezza in rete non può essere delegata ciecamente a strumenti apparentemente salvifici, ma richiede consapevolezza, informazione e un’attenta valutazione dei rischi. Solo così sarà possibile trasformare la VPN da potenziale spyware a vero alleato nella protezione dati personali.
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