L'IA conquista le case editrici: il 75% degli editori italiani usa strumenti di intelligenza artificiale

Ricerca AIE: tre editori su quattro utilizzano intelligenza artificiale. Adozione al 96% tra i grandi editori, ma emerge il rischio di "IA divide" per i piccoli.
Ricerca AIE: tre editori su quattro utilizzano intelligenza artificiale. Adozione al 96% tra i grandi editori, ma emerge il rischio di "IA divide" per i piccoli.
L'IA conquista le case editrici: il 75% degli editori italiani usa strumenti di intelligenza artificiale

L’adozione della intelligenza artificiale nel settore editoriale italiano non è più una semplice prospettiva futura, ma una realtà già ben radicata nel presente. Mentre il dibattito globale sulla trasformazione digitale prosegue, gli editori italiani hanno ormai compiuto una scelta chiara: l’innovazione tecnologica rappresentata dall’IA si è affermata come alleato quotidiano nelle attività delle case editrici, segnando una svolta profonda nei processi produttivi e organizzativi.

Secondo i dati diffusi dall’AIE (Associazione Italiana Editori) durante la fiera Più libri più liberi, emerge un quadro in cui il 75,3% degli editori italiani utilizza strumenti di IA, con una penetrazione che raggiunge il 96,2% tra i grandi gruppi editoriali. Tuttavia, questa crescita non è omogenea: le differenze dimensionali generano un vero e proprio IA divide. Le realtà con fatturato superiore ai 5 milioni di euro hanno quasi universalmente integrato soluzioni di IA, mentre tra i piccoli editori, quelli con vendite annue inferiori ai 100mila euro, la percentuale scende al 62,5%. Le fasce intermedie si collocano su valori compresi tra il 63,6% e il 75%, confermando una stratificazione netta che rischia di amplificare le disuguaglianze all’interno del panorama editoriale nazionale.

L’analisi delle modalità d’uso mostra come l’intelligenza artificiale sia impiegata soprattutto per attività di ufficio stampa, comunicazione, paratesti e metadati (67,1%), evidenziando un approccio pragmatico e strategico. Queste funzioni, spesso ripetitive e ad alto tasso di operatività, traggono grande beneficio dall’automazione, consentendo agli editori di liberare risorse preziose da destinare a compiti più creativi e a valore aggiunto. Non meno rilevante è l’utilizzo dell’IA per la creazione di copertine e illustrazioni (50,7%), oltre che per editing e traduzioni (49,3%), a testimonianza di come la tecnologia sia ormai parte integrante anche dei processi più tradizionali della filiera editoriale. In ambito amministrativo, la percentuale si attesta al 31,5%, mentre si registrano impieghi più contenuti ma significativi nell’accessibilità (21,9%) e nell’analisi commerciale (19,2%).

Un dato emergente riguarda la capacità dell’IA di favorire la nascita di nuovi prodotti editoriali: il 17,8% degli editori dichiara di sfruttare queste tecnologie per l’innovazione e lo sviluppo, con particolare attenzione ai software di e-learning (50% tra gli editori scolastici) e ai servizi basati su banche dati (33% dei professionali). Questo dimostra come l’innovazione editoriale sia ormai fortemente legata all’integrazione intelligente delle nuove tecnologie.

La strategia prevalente, come sottolineato da Andrea Angiolini, delegato AIE all’innovazione, resta quella del back office piuttosto che del front end. Gli editori preferiscono mantenere una supervisione umana sulle fasi più critiche della produzione e della gestione, optando spesso per licenze professionali anziché soluzioni gratuite, per garantire una maggiore sicurezza nella gestione dei dati personali e tutelare la proprietà intellettuale.

Non mancano, tuttavia, le preoccupazioni. Nicola Cavalli, editore di Ledizioni e consigliere del Gruppo Piccoli editori, mette in guardia dal rischio concreto di un IA divide: i grandi gruppi editoriali, dotati di risorse economiche e infrastrutturali, possono sviluppare piattaforme proprietarie sofisticate su cui innestare l’intelligenza artificiale, offrendo servizi sempre più evoluti e innovativi. I piccoli editori, invece, si trovano a fronteggiare non solo limiti di budget, ma anche carenze di competenze e difficoltà nel tenere il passo con l’evoluzione tecnologica, rischiando di essere progressivamente marginalizzati.

Sul fronte della collaborazione con i giganti della tecnologia, il 27,7% degli editori italiani è stato contattato da sviluppatori di Large Language Models – come ChatGPT, Gemini e Claude – per la concessione in licenza dei propri contenuti. Nonostante ciò, prevale una certa cautela: solo il 3,7% ha sottoscritto accordi, mentre il 37% ha rifiutato ogni proposta e il 59,3% si trova ancora in una fase di valutazione. Questa prudenza riflette la volontà di non cedere il controllo su asset strategici e di tutelare il valore dei contenuti editoriali italiani.

«L’IA è qui per restare, non è qualcosa di passeggero», ha affermato Innocenzo Cipolletta, presidente di AIE, delineando la rotta futura del settore. Il messaggio per gli editori italiani è chiaro: occorre prepararsi a convivere con questi strumenti in modo consapevole e strategico, valorizzando le opportunità offerte dall’innovazione editoriale ma senza trascurare la necessità di proteggere le realtà più fragili. In questo scenario, la capacità di integrare efficacemente la intelligenza artificiale nei processi di back office e di sfruttare appieno il potenziale dei metadati, dei paratesti e delle licenze professionali rappresenterà un elemento chiave per il successo e la sostenibilità dell’editoria italiana di domani.

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