L'Unione Europea contro lo spamming

Il sette dicembre scorso i ministri delle Tlc dei quindici paesi membri hanno approvato una linea antispamming basata sull' "opt-in" e cioè sul preventivo consenso dell'utente a ricevere messaggi pubblicitari, entrando in contrasto con la precedente decisione dell' Europarlamento favorevole alla libertà di scelta tra "opt-in" e "opt-out".
Il sette dicembre scorso i ministri delle Tlc dei quindici paesi membri hanno approvato una linea antispamming basata sull' "opt-in" e cioè sul preventivo consenso dell'utente a ricevere messaggi pubblicitari, entrando in contrasto con la precedente decisione dell' Europarlamento favorevole alla libertà di scelta tra "opt-in" e "opt-out".

Si dovrà dunque dare il consenso preventivo alla ricezione dei messaggi commerciali. È questa la decisione presa dai 15 ministri delle telecomunicazioni dei paesi membri in seno all’Unione Europea che si sono riuniti alcuni giorni fa a Bruxelles. Via libera dunque all’ opt-in e cioè il meccanismo che consente di scegliere se ricevere o meno pubblicità online nella propria mailbox, ma anche via sms o fax, quando solitamente si contrae qualche servizio in Rete o si entra a far parte di una community.

La decisione, peraltro molto attesa sia dagli operatori del settore delle vendite online sia dai consumatori, tende a prendere le distanze dalla linea più “libertaria” sostenuta dal Parlamento Europeo favorevole invece a concedere ai Paesi membri dell’ Ue assoluta libertà di scelta tra l’opt-in e l’opt-out. Quest’ultimo permetterebbe alle aziende venditrici di inviare al cliente-utente una mail che potremmo definire di “benvenuto” non richiesta, ma con la possibilità di scegliere se continuare a riceverne oppure no. Nei mesi scorsi tra l’altro anche l’associazione Italiana per il marketing interattivo (AIDiM) si era dimostrata “possibilista” verso l’opt-out o comunque verso forme alternative al tradizionale opt-in. Una piccola concessione è stata fatta agli operatori delle vendite online dai ministri europei in quanto hanno in pratica autorizzato lo “spamming” solo nel caso in cui un navigatore abbia effettuato una transazione commerciale con un’impresa. In questo caso l’azienda in questione potrà inviare la propria pubblicità a meno che il contraente non manifesti espressamente il proprio dissenso.

Anche in tema di cookies i ministri comunitari hanno espresso una decisione che va nella direzione di consentirne l’uso solo se l’utente viene espressamente avvisato delle caratteristiche e delle finalità di questi. Occorre ricordare che il dibattito che ha interessato il Parlamento europeo in queste ultime settimane non parlava solo di cookie ma anche di “spyware, web bug e identificatori nascosti o altri device che entrano nel computer dell’utente – senza che questi ne abbia una esplicita conoscenza o ne dia esplicito consenso – per poter accedere ad informazioni o tracciare le attività di un utente”. Meccanismi che l’assemblea ritiene “possano risultare seriamente intrusive della privacy di questi utenti”.

Tuttavia occorre sottolineare l’estrema necessità di produrre una regolamentazione certa e definita sull’argomento per arrivare in tempi brevi al riassetto della normativa in materia di telecomunicazioni di cui il divieto di spamming e soprattutto il progetto di direttiva sulla privacy nelle comunicazioni elettroniche sono parte integrante. E quindi sotto questo punto di vista siano benvenute tutte le decisioni naturalmente nel rispetto delle leggi internazionali.

La decisione presa dai ministri Ue per le telecomunicazioni in materia di spamming passerà ora all’esame dell’Europarlamento di Strasburgo dove molto probabilmente prenderà vita un accanito dibattito. L’argomento è quantomai delicato e coinvolge interessi importanti: quelli degli operatori del direct marketing favorevoli allo sviluppo di un sistema di comunicazione con il cliente veloce e sostanzialmente a costo zero e quelli dei navigatori di Internet costretti quotidianamente a cancellarsi da mailing list indesiderate. A livello politico si è di fatto riprodotta questa spaccatura, tra chi seguendo un orientamento “liberale” si è schierato per l’ opt-out non ritenendolo un sistema lesivo della privacy e chi sostenendo invece una linea più “garantista” ha appoggiato l’opt-in considerato più sicuro rispetto all’altro sistema

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