Approvato il Codice dell'Amministrazione Digitale

Il Consiglio dei Ministri pone il proprio sigillo sul Codice dell'Amministrazione Digitale e da così ufficialmente il via a quella che ad ogni effetto è una rivoluzione della Pubblica Amministrazione italiana
Il Consiglio dei Ministri pone il proprio sigillo sul Codice dell'Amministrazione Digitale e da così ufficialmente il via a quella che ad ogni effetto è una rivoluzione della Pubblica Amministrazione italiana

Con una espressione dal sapore liberatorio il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie annuncia che «il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi in via definitiva il Codice dell’Amministrazione Digitale», la cosiddetta “Magna Charta” che ambisce a guidare la Pubblica Amministrazione italiana verso quella che ad ogni effetto è una vera e propria rivoluzione.

Il senso della riforma è tutta contenuta nelle parole del Ministro Stanca: «la Pubblica amministrazione dovrà fare ricorso all’informatica e ad accettarla come il principale strumento operativo non soltanto nei rapporti interni, ma soprattutto con i cittadini. I cittadini e le imprese ci chiedono infatti una burocrazia più snella, più vicina, più veloce, più semplice e aperta […] Il Codice si propone di liberare gli italiani da molti ed anacronistici obblighi e adempimenti verso le Pubbliche amministrazioni […] Non solo, ma si punta pure a liberare nuove risorse della PA attraverso una massiccia e pervasiva digitalizzazione in grado di introdurre strumenti utili ad eliminare sprechi, restituire maggior valore ai contribuenti, come pure di essere alla base di nuovi e più moderni modelli organizzativi, rendendo più produttivo ed efficace il lavoro pubblico».

Il sito internet di riferimento della rivoluzione digitale della pubblica amministrazione (www.padigitale.it) spiega il tutto operando alcune fondamentali distinzioni. In particolare vengono evidenziati gli strumenti che caratterizzeranno la PA digitale:

  • La posta elettronica certificata (art. 6 e art. 51)
    L’e-mail certificata è una delle punte di diamante del decreto: offre alla posta elettronica lo stesso valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno;
  • La firma digitale (art. 21)
    «Questa firma può sostituire per sempre sigilli, punzoni, timbri e dà validità giuridica a qualsiasi attestazione nei rapporti tra privati, tra privati e pubbliche amministrazioni e tra amministrazioni»
  • I documenti informatici (art. 17; art. 37; art. 42; art. 46)
    I documenti informatici hanno d’ora in poi identico valore legale dei documenti digitali certificati; è incoraggiata l’attività di digitalizzazione delle procedure al fine di sviluppare una graduale conversione al digitale di ogni pratica della PA
  • I siti Internet delle PA (art. 56-57)
    I siti web della Pubblica Amministrazione dovranno offrire tutti i contenuti utili al cittadino ed offrire un contatto immediato per la risoluzione dei problemi dell’utente. Uno dei punti fondamentali della riforma è già contenuta nella cosiddetta “Legge Stanca” sull’accessibilità dei siti della PA.
  • Le carte elettroniche (art. 67)
    «La carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi diventano lo strumento chiave per razionalizzare e semplificare l’azione amministrativa e sono regolate dal Codice per essere uno strumento di autenticazione e di accesso ai servizi in rete della PA che sia universalmente valido in Italia»

Alla presentazione del Codice era presente anche il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il quale ha sottolineato come ora i «cittadini potranno sapere a che punto sono le loro pratiche ed avere una risposta in tempi brevi: senza risposta entro 30 giorni si considererà accolta la richiesta del cittadino». All’insegna di una maggiore efficienza a costi ridotti il documento è presentato sotto l’insegna di un «federalismo efficiente» che deve trarre dalla piattaforma digitale le propria forza innovativa: una conversione, tanto necessaria quanto difficoltosa, che permetterà di «trasformare la pubblica amministrazione da handicap a punto di forza per il nostro competere nell’economia mondiale».

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