Una svolta di rilievo si profila all’orizzonte per la sicurezza delle telecomunicazioni europee, con la Commissione Europea pronta a trasformare le attuali raccomandazioni in obblighi di legge. Nel mirino, la presenza dei fornitori cinesi Huawei e ZTE nelle infrastrutture critiche dell’Unione Europea: la loro esclusione formale si prepara a ridefinire l’assetto tecnologico del Vecchio Continente.
L’iniziativa di Bruxelles segna un cambio di paradigma che va ben oltre il tema del 5G. La nuova normativa in fase di preparazione, infatti, non si limiterà alle reti mobili di ultima generazione, ma si estenderà anche alle reti fisse e in fibra ottica. L’obiettivo è chiaro: eliminare dai sistemi europei quei fornitori ritenuti “ad alto rischio”, ossia sottoposti a influenze o pressioni da parte di governi extra-UE, con particolare attenzione rivolta alla Cina.
Questa strategia, che si muove nel solco della crescente attenzione alla sovranità digitale e alla sicurezza nazionale, potrebbe avere ripercussioni di grande portata per il sistema italiano. Finora, l’Italia ha adottato un approccio graduale e flessibile, basato sul meccanismo del golden power. Questo strumento consente al governo di valutare e autorizzare, eventualmente imponendo limitazioni, ogni singolo contratto stipulato dagli operatori nazionali con fornitori non europei, evitando però divieti generalizzati e mantenendo un certo margine di manovra.
Attualmente, le principali compagnie italiane di telecomunicazioni impiegano tecnologia Huawei e ZTE soprattutto nelle parti cosiddette “non core” delle proprie reti. Un eventuale divieto generalizzato, tuttavia, obbligherebbe a una sostituzione massiccia e onerosa degli apparati già installati. In questo scenario, si aprirebbe la strada a una maggiore presenza di aziende come Nokia ed Ericsson, considerate alternative più sicure ma caratterizzate da costi sensibilmente superiori.
La questione, tuttavia, non si esaurisce nell’ambito economico. In gioco ci sono tematiche cruciali legate all’autonomia strategica europea e alla tutela delle infrastrutture critiche. Da una parte, gli operatori temono che la necessità di sostituire rapidamente le tecnologie esistenti possa comportare pesanti oneri finanziari e rallentare lo sviluppo infrastrutturale del Paese. Dall’altra, si fa sempre più pressante la preoccupazione per le potenziali vulnerabilità derivanti dall’utilizzo di soluzioni tecnologiche fornite da aziende sottoposte al controllo di governi esterni all’Unione.
A completare il quadro, la Commissione Europea sta valutando l’opportunità di escludere i colossi cinesi anche dai progetti finanziati attraverso il programma Global Gateway, uno degli strumenti chiave per rafforzare l’indipendenza tecnologica dell’UE. Le nuove normative in cantiere potrebbero prevedere, inoltre, meccanismi di esenzione temporanea e supporti finanziari destinati agli operatori costretti a riconvertire le proprie reti e a cambiare fornitore, per evitare bruschi contraccolpi economici e garantire una transizione il più possibile fluida.
Va sottolineato che il processo legislativo europeo si trova ancora in una fase preliminare e richiederà diversi mesi prima di giungere a una piena definizione. Nel frattempo, l’Italia continuerà ad applicare il proprio sistema di golden power, monitorando attentamente l’evoluzione del quadro normativo comunitario e preparandosi ad adeguarsi alle future direttive.
La partita che si sta giocando trascende il mero interesse commerciale e si inserisce in un contesto di ridefinizione delle priorità politiche dell’Unione. La difesa della sovranità digitale europea, la protezione delle infrastrutture strategiche e la riduzione della dipendenza da fornitori considerati potenzialmente rischiosi sono ormai elementi centrali nell’agenda delle istituzioni comunitarie. In questo scenario, la scelta di Bruxelles rappresenta un segnale forte: la sicurezza e l’autonomia tecnologica dell’Europa passano attraverso regole chiare, vincolanti e condivise, che tutelino l’interesse collettivo senza trascurare le esigenze di competitività e sviluppo degli operatori nazionali.
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