Robot e IA nelle aziende italiane: il 61% dice sì

Il primo rapporto AIDP-LABLAW 2018 su Robot, Intelligenza artificiale e lavoro in Italia fa emergere dati interessanti sul futuro del lavoro.
Il primo rapporto AIDP-LABLAW 2018 su Robot, Intelligenza artificiale e lavoro in Italia fa emergere dati interessanti sul futuro del lavoro.

I robot stanno arrivando e sostituiranno i lavori manuali e a basso contenuto professionale. Una paura che da tempo accende discussioni sulla ineluttabile trasformazione digitale, sul fatto che i robot andrebbero tassati o sulla possibile introduzione di conseguenza di un reddito universale. Secondo i dati emersi dal Primo Rapporto AIDP-LABLAW 2018 a cura di DOXA su Robot Intelligenza artificiale e lavoro in Italia, il 61% delle aziende italiane è pronto infatti a introdurre robot e intelligenza artificiale nelle proprie organizzazioni.

Sebbene per l’89% delle aziende i robot e l’intelligenza artificiale non potranno mai sostituire completamente il lavoro delle persone, anzi avranno un impatto positivo, è innegabile che certi lavori saranno completamente automatizzati, soprattutto quelli manuali. Dai dati emergono però alcune aziende, l’11%, contrarie assolutamente all’introduzione di questi nuovi strumenti, decisamente in minoranza.

Le ragioni che spingono le aziende ad introdurre robot e IA c’è la maggiore sicurezza e meno fatica (93%), aumento dell’efficienza e produttività (90%) e il raggiungimento di risultati un tempo impensabili (85%). L’intelligenza artificiale creerà nuovi ruoli che prima non esistevano e per la maggioranza consentirà di lavorare meno e meglio. C’è però l’altra faccia della medaglia, cioè la convinzione di manager e imprenditori che le nuove tecnologie avranno effetti negativi sull’occupazione ed escluderanno dal mondo del lavoro i meno scolarizzati, lo pensa il 75% degli intervistati.

Il mio collega robot

Secondo il 56% delle aziende l’impiego di queste tecnologie ha aiutato le persone: questo significa che sono percepite come un’estensione delle attività umane e non una loro sostituzione. Inoltre per il 33%  questi sistemi sono stati impiegati per svolgere attività nuove mai realizzate prima. Il 42% delle aziende sostiene che l’IA e i robot hanno sostituito mansioni prima svolte dai dipendenti. Non è un segreto infatti che è in atto una rivoluzione nelle organizzazioni del lavoro. Per il 38% l’intelligenza artificiale e i robot migliorano molti aspetti del lavoro dipendente dato che favoriscono una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro in entrata e in uscita, ma anche la riorganizzazione degli spazi di lavoro e uffici (35%) o il lavoro a distanza e lo smart working (26%).

Apocalittici e integrati

I rapporto ha messo a confronto anche le aziende che hanno già introdotto sistemi di robot e intelligenza artificiale con quelle che non lo hanno ancora fatto. Si è riscontrato un diverso atteggiamento della classe dirigente verso queste tecnologie. Quelle che aziende che non hanno introdotto sistemi tecnologici avanzati tenderebbero a sovrastimare le conseguenze negative che “l’esperienza sul campo delle aziende robotizzate smentisce con i fatti“, recita il rapporto.

I risultati della ricerca fanno capire che la digitalizzazione non è mai solo una questione tecnologica ma strategica. Nulla succede se le persone non lo fanno accadere. Sono le persone a fare la differenza, sempre e comunque, ottimizzando le innovazioni e dando loro il ruolo che hanno, un ruolo di supporto e di miglioramento della qualità della vita di ognuno di noi. Sono tre secoli che il rapporto uomo-macchina è complicato perché basato sulla paura. Paura che le macchine, in questo caso i robot, possano sostituire le persone. Mentre si è poi sempre verificato il contrario, ovvero un miglioramento della qualità della vita dei singoli e, ancora, la creazione di nuove professionalità“, ha dichiarato Isabella Covili Faggioli, Presidente AIDP.

Concludono le dichiarazioni di Francesco Rotondi, Giuslavorista e co-fondatore di LabLaw: “Dai risultati della ricerca emerge chiaramente un tema di nuove relazioni industriali, di nuovi rapporti tra imprese e lavoratori. Il processo in atto lascia presagire la nascita di un modello nel quale l’impresa tenderà a perdere la propria connotazione spazio-temporale, in favore di un sistema di relazioni fatto di continue interconnessioni tra soggetti (fornitori, dipendenti, clienti), chiamati ad agire in un ambito territoriale che superi la dimensione aziendale e prescinda dal rispetto di un orario di lavoro precostituito“.

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