Torna alla ribalta la RIAA con un nuovo colpo a sensazione: depositate 532 nuove denunce nei confronti di altrettanti anonimi navigatori. 89 denunce sono indirizzati a utenti sparsi in 21 università statunitensi e 443 rivolte a utenti privati. Il totale delle denunce arriva così ora a 1977, e le pene patteggiate prima che venisse reso necessario l’uso dei John Doe per difendere la privacy dei denunciati hanno configurato una media di circa 3000 dollari.
Cary Sherman, presidente della RIAA, è lapalissiano: «Stiamo mandando un chiaro messaggio secondo cui scaricare o condividere musica dalle reti peer-to-peer senza autorizzazione è cosa illegale, e può minare il futuro stesso della musica». Jonathan Lamy, portavoce RIAA, intende motivare la scelta della propria associazione con la necessità di instaurare un’educazione preventiva nell’utenza: “Una maggiore educazione è cosa necessaria. Una forma di pedagogizzazione è la denuncia”.
Le denunce avanzate devono ora superare un ostacolo determinante: solo dimostrando alla Corte la fondatezza dell’iniziativa legale sarà possibile obbligare ISP ed Università ad aprire i propri registri e con essi evidenziare la relazione tra il numero IP denunciato e l’utente relativo. A causa di questo ostacolo la maggior parte delle denunce RIAA sono al momento sospese, mentre i procedimenti si sono chiusi per i primi utenti che non hanno goduto di tale privilegio ma sono stati additati direttamente grazie alla possibilità di constringere gli ISP a rivelare l’identità dei propri utenti.
Le Università coinvolte sono state denunciate presso le corti di Arizona, California, New York, Indiana, Maryland, Colorado, Pennsylvania, Tennessee, Wisconsin e Washington. Gli altri 443 John Doe sono invece sotto imputazione presso le corti di California, Colorado, Missouri, Texas and Virginia.
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