Apple contro tutti

Il capitolo 3.3.1 della licenza del nuovo SDK ha scatenato una forte frizione tra Apple e Adobe. A pagarne però saranno soprattutto gli sviluppatori, cioè la ricchezza che le piattaforme si contendono. Steve Jobs però conferma: è una scelta necessaria
Il capitolo 3.3.1 della licenza del nuovo SDK ha scatenato una forte frizione tra Apple e Adobe. A pagarne però saranno soprattutto gli sviluppatori, cioè la ricchezza che le piattaforme si contendono. Steve Jobs però conferma: è una scelta necessaria

Attorno al capitolo 3.3.1 della licenza allegata all’SDK di iPhone 4.0 è scoppiata una vera e propria guerra. Apple e Adobe, vecchi compagni d’avventura che hanno costruito mano nella mano le reciproche fortune nel mondo della grafica, si trovano ora su due fronti opposti con una tensione mai sperimentata prima. Adobe non ha commentato i fatti a caldo, ma ne ha espresse cautelativamente le possibili pericolose conseguenze; gli evangelist del gruppo hanno espresso tutto il proprio sconcerto solleticando anche (pure formalmente negando) l’idea del boicottaggio; Steve Jobs, da parte sua, tira dritto e conferma nuovamente la linea di Cupertino.

Tutto gira attorno al famigerato capitolo 3.1.1 che, in termini tecnici, spiega cosa sia ammesso e cosa no nello sviluppo di applicazioni per iPhone. E ad essere tagliate fuori sono tutte le soluzioni intermedie che permettono di sviluppare per un framework e di tradurre quindi il tutto nei linguaggi accettati da Apple: «Le applicazioni possono soltanto utilizzare API documentate nei modi prescritti da Apple e non possono usare o richiamare API private. Le applicazioni devono essere originariamente scritte in Objective-C, C, C++, o JavaScript ed eseguite da motore iPhone OS WebKit, e solo il codice scritto in C, C++ e Objective-C può compilare e linkare direttamente una API (ad esempio una applicazione che linka una API tramite transizione intermedia o compatibility layer è proibita)».

Adobe prende posizione

Per la Creative Suite di Adobe è questa una vera e propria mannaia sulle vendite: la suite sarà distribuita nelle prossime ore ed uno dei punti di forza avrebbe dovuto essere l’utility di Flash Professional (Packager for iPhone) utile a sviluppare applicazioni che il software avrebbe tramutato in App per App Store. Ed il danno determinato dal capitolo 3.3.1 è spiegato a chiare lettere dalla stessa Adobe tramite comunicazione ufficiale alla Security and Exchange Commission (SEC): la strategia Apple è stata esplicata come un «fattore di rischio», qualcosa in grado di pesare in modo importante sulle vendite della nuova CS5. Nessun commento immediato tramite i media, insomma, ma una presa di posizione forte tramite parole ufficializzate a livello istituzionale: con la propria decisione Apple sta per incidere sui bilanci Adobe. La community e gli investitori sono avvisati:

«La distribuzione di sistemi operativi o altri prodotti, piattaforme o device di terze parti, quali iPhone o iPad, rendono più difficili le performance dei nostri prodotti, i nostri clienti sono persuasi all’uso di tecnologie alternative
ed il nostro business può restarne penalizzato
».

In seguito Adobe ha espresso con maggior chiarezza tramite il CTO Kevin Lynch una posizione a metà tra la rassegnazione ed un timido lancio del guanto della sfida. Adobe, presentando la propria CS5, sminuisce in qualche modo l’occupazione del mercato da parte di Apple e ricorda la presenza di una moltitudine di piattaforme su cui il mercato è destinato a svilupparsi. Tra le righe: se Apple non vuol collaborare, Adobe non può farci nulla. Ciò nonostante, la funzionalità di programmazione per iPhone rimarrà in Flash Professional e gli acquirenti potranno però concentrare le proprie attenzioni su piattaforme diverse: tv, smartphone, tablet e molto altro.

La tentazione del boicottaggio

La reazione degli investitori è destinata ad arrivare nei prossimi giorni, quando le azioni ADBE saranno “pesate” a Wall Street sulla base delle evidenze emergenti. La reazione degli sviluppatori, invece, è stata immediatamente forte, puntando il dito contro una strategia che ne limita le possibilità costringendo ad uno sviluppo dedicato per la piattaforma.

La reazione probabilmente più forte è quella di Lee Brimelow, Platform Evangelist Adobe, il quale raccoglie le voci degli sviluppatori e, pur distanziando la propria posizione da quella ufficiale del gruppo, aizza la community contro Cupertino. Brimelow spiega la situazione, ricorda l’atteggiamento ostile di Apple e suggerisce una ricetta del tutto personale: il boicottaggio. Nel post non si invita esplicitamente all’emulazione, ma velatamente la si suggerisce comunque: evitare di dare altro denaro ad Apple, evitarne i device, evitarne i canali di distribuzione di contenuti e preferire soluzioni alternative almeno fin quando il capitolo 3.3.1 non verrà mutuato verso posizioni più aperte.

Brimelow si dice contento di aver visto la community molto coesa su questa emergenza: la critica ad Apple è feroce e condivisa e, per questo motivo, il post intende fare da controcanto alle posizioni edulcorate dell’azienda. Mentre Adobe prende atto, insomma, la community infiamma il clima: il gioco di squadra in questa fase è perfetto.

La risposta di Steve Jobs

Steve Jobs non lascia cadere nel silenzio le proteste ed affronta di petto la rivolta. Le sue parole giungono via mail, rispondendo alle richieste di chiarimento provenienti da Greg Slepak. Quello di Jobs è uno scambio diretto, con risposte inviate nel giro di pochi minuti dalla email originale sul tema e con un approccio che non sembra aprire a possibilità di ravvedimento:

«Ci siamo già passati prima, ed i layer intermedi tra la piattaforma e gli sviluppatori producono applicazioni al di sotto degli standard e limitano i progressi della piattaforma»

Le porte son chiuse, quindi. Apple, portando avanti l’intenzione di garantire una massima qualità di programmazione per il proprio App Store, intende creare attorno a sé una community dedicata di sviluppatori. Nessuna soluzione ibrida, insomma: o si sviluppa per iPhone, o l’App Store rifiuterà l’applicazione proposta. O si sviluppa per iPhone, o si è tagliati fuori dall’App Store. O si sviluppa specificatamente per iPhone, o si rinuncia alle opportunità dell’App Store e del futuro iAd.

Steve Jobs conferma la prova di forza e lo fa nel momento potenzialmente più proficuo. La scelta di campo è infatti quasi impossibile: chi non programma per App Store non ha mercato. Scegliere se programmare o meno per iPhone, insomma, oggi come oggi significa scegliere tra una programmazione redditizia ed una programmazione non redditizia. Così facendo Apple mette gli sviluppatori con le spalle al muro, di fronte ad un bivio.

Apple contro tutti, e gli sviluppatori debbono scegliere. Se scelgono Apple, sanno cosa li attende. Se non scelgono Apple, Adobe è una delle alternative percorribili.

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