Assange attacca Mastercard, Visa e PayPal

Julian Assange definisce "strumenti della politica estera americana" i servizi Mastercard, Visa e PayPal
Julian Assange definisce "strumenti della politica estera americana" i servizi Mastercard, Visa e PayPal

Julian Assange torna al contrattacco. Fermato a Londra in attesa di capire cosa si dovrà far di lui quando si saranno chiariti gli estremi dei reati sessuali di cui è accusato, il leader del progetto Wikileaks non intende subire passivamente i meccanismi della giustizia e torna a ribadire i concetti che stanno rendendo la sua effige un’icona della libertà per molte persone.

Assange ha potuto comunicare con l’esterno grazie ad un comunicato dettato alla madre direttamente dal carcere e del quale è stata data lettura su una emittente televisiva. Anzitutto si conferma la piena convinzione nella bontà dell’operato portato avanti con Wikileaks: «Faccio appello al mondo perché protegga il mio lavoro e i miei cari da questi atti illegali e immorali. Le mie convinzioni non si indeboliscono. Resto fedele agli ideali che ho espresso… le circostanze attuali non le intaccano. Al contrario, hanno accresciuto la mia determinazione». Nessun pentimento, anzi: il comunicato rivendica pieno orgoglio per il Cablegate e per le antecedenti rivelazioni.

Ma soprattutto Assange getta ulteriore benzina sul fuoco. A pochi giorni dagli attacchi informatici nei confronti di Visa, Mastercard e PayPal, infatti, il 39enne australiano torna su questi fatti descrivendo i tre servizi come «strumenti della politica estera americana». I tre gruppi, infatti, avevano fermato le donazioni a Wikileaks motivando in vario modo le proprie scelte.

In conseguenza del rifiuto di continuare a servire Wikileaks per la raccolta delle donazioni volontarie provenienti da tutto il mondo, una serie di DDoS è stata scagliata contro i siti dei tre gruppi riuscendo a più riprese a fermarne o rallentarne i servizi di pagamento. La nuova invettiva firmata Assange potrebbe riaccendere le ceneri degli attacchi, riportando al centro dell’attenzione la politica di “accerchiamento” (definizione del ministro Frattini) con cui Wikileaks è stato isolato prima e fermato poi.

Oggi Wikileaks alloggia sotto dominio svizzero “.ch” e nel frattempo una costola staccatasi dal progetto sta per avviare il parallelo Openleaks. La prima ondata è stata fermata, insomma, ma il dopo-Cablegate potrebbe svelare ulteriori sorprese per le diplomazie internazionali.

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