Competenze: così cresce l'economia digitale

L'Agid ha reso note le sue Linee Guida per la cultura e la formazione digitale: 160 pagine che impegnano gli stakeholder su tanti fronti da qui al 2020.
L'Agid ha reso note le sue Linee Guida per la cultura e la formazione digitale: 160 pagine che impegnano gli stakeholder su tanti fronti da qui al 2020.

La seconda giornata del Forum PA di Roma si è distinta ieri per la presentazione delle Linee Guida dell’Agid – Agenzia per l’Italia digitale – sulle competenze. Il documento è stato al centro di un incontro sull’innesco virtuoso del digitale nell’economia del paese, che ha permesso di vedere il risultato finale del lavoro dell’agenzia dopo la consultazione pubblica degli scorsi mesi.

La vicenda del programma nazionale per la cultura, la formazione e le competenze digitali è stata ben riassunta da Agostino Ragosa, a capo dell’Agid, che ha ricordato come si sia arrivati al tavolo che ha coinvolto, in prima battuta, circa 250 persone suddivise in quattro gruppi di lavoro (cittadinanza digitale, competenze professionali specialistiche, e-leadership, pubblica amministrazione) più altri gruppi trasversali, con il proposito di favorire l’innesco di un circolo virtuoso tra la domanda di servizi, di partecipazione, l’offerta da parte delle organizzazione pubbliche e private e lo sviluppo di professionalità innovative.

Non si trattava solo di mettere in campo interventi di alfabetizzazione, ma di lavorare a un programma più ampio che affrontasse a tutto campo l’esigenza del Paese di accrescere la cultura e le competenze digitali presenti.

In seconda battuta si sono poi recepiti gli oltre 600 contributi giunti dalla consultazione pubblica, che si è svolta dal 10 aprile al 12 maggio 2014. Il documento finale (ma sempre in progress) – che Webnews ha potuto vedere in anteprima e che verrà pubblicato a questo indirizzo sul portale dell’Agid – fornisce in 164 pagine le indicazioni strategiche per sviluppare le competenze digitali in Italia. Un dato per capire di cosa si parla: ci vorranno almeno dieci anni.

Le linee guida

Il lungo e complesso documento dell’Agid ha un importante orizzonte temporale, dal 2014 al 2020, e risponde ai sette obiettivi che si era posto il tavolo di coordinamento:

  • Proporre una definizione condivisa di competenze digitali, incluse quelle relative alle alfabetizzazioni digitali delle professioni;
  • Avviare un’attività di mappatura delle iniziative di e-inclusion, alfabetizzazione, formazione digitale già avviate nel Paese (buone pratiche);
  • Definire obiettivi e modalità di realizzazione del “Programma nazionale per la cultura, la formazione e le competenze digitali” coerenti con il programma Horizon 2020;
  • Indicare le modalità di avvio di una campagna per la valorizzazione delle iniziative in atto;
  • Definire le modalità di promozione e di finanziamento di nuove iniziative;
  • Avviare il confronto e la collaborazione tra gli attori su progetti e iniziative comuni;
  • Definire le integrazioni tra le attività del Programma e le Linee guida degli altri assi strategici dell’Agenda digitale italiana (e-commerce, e-government, open data, ricerca e innovazione, città intelligenti).

Anche se è prematuro arrivare a delle conclusioni, queste linee guida rappresentano un elemento imprescindibile per cercare di affrontare in modo non soltanto emergenziale o tecnico la terribile arretratezza del paese rispetto alla media europea. Anche le Linee guida inquadrano il contesto italiano a quello europeo, evidenziando le posizioni di retroguardia, e insistendo in particolare sugli aspetti propri delle competenze ICT nei lavoratori. Divario meno accentuato nei più giovani, ma è noto che in Italia c’è anche un enorme problema di ingresso delle nuove generazioni nel mondo del lavoro.


C’è dunque bisogno di competenze digitali nel lavoro, nella scuola, nella pubblica amministrazione (per le quali si è pensato a un Osservatorio che verrà presentato il prossimo 3 giugno presso la Presidenza del Consiglio), di orientare la formazione verso figure professionali che da qui a pochi anni saranno le più richieste del mercato. E c’è bisogno, dunque, anche di riconoscerle. Per questa ragione dopo la tavola rotonda sono state premiate le realtà che hanno vinto il Contest “Azioni per la cultura digitale”, e tra queste c’era anche l’IWA (nota anche per la sua denuncia della webtax presso la Commissione Europea) e il suo presidente Roberto Scano.

I profili web

Lo spiega bene l’IWA sul suo blog: finalmente segnali positivi anche per quanto riguarda le professionalità del web. Il riconoscimento all’associazione che ha creato una profilazione standard e open source per le professioni web significa che questo genere di competenza entra nelle Linee guida:

Per la prima volta in Italia, dopo il riconoscimento europeo, si riconosce la bontà di un progetto atto a catalogare le competenze digitali di chi opera nel Web, valorizzando conoscenze, competenze e skills e ponendo quindi le basi per una piattaforma di riferimento. (…) Questi due riconoscimenti ai professionisti del Web non devono essere però visti come un punto di arrivo ma come un punto di partenza per la diffusione delle competenze digitali, sia nel settore privato che nella PA. Solo con la collaborazione di tutti, solo con il fare rete tra professionisti di diversi settori si potrà raggiungere lo scopo comune di riconoscimento delle competenze ed innalzamento della qualità dei prodotti e servizi digitali.


Nel dedalo di azioni di inclusione digitale, è ovviamente fondamentale la capacità di certificare le proprie competenze se si è un lavoratore e adottare uno strumento adeguato per riconoscerle e valutarle se si è un datore di lavoro. Quindi l’Agid ha avuto la sensibilità di non occuparsi soltanto dell’accesso, ma anche delle opportunità conseguenti all’accesso al digitale, riconoscendo tramite il tavolo una sorta di grande coalizione delle e-skills che dovrà da qui ai prossimi anni affrontare il deficit piuttosto evidente della classe lavoratrice italiana, anche la più giovane, in matematica, nelle lingue straniere, nelle abilità tecnologiche, e così sostenere il bisogno di assunzioni che le aziende ICT hanno e paradossalmente non riescono a soddisfare appieno. Va colmato quel vuoto che rischia di frenare lo sviluppo.

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