“Chi non ha mai provato l’irresistibile impulso di controllare lo smartphone anche quando non necessario?” Un nuovo studio tedesco condotto dalle Università di Heidelberg e Colonia, in collaborazione con il Centro tedesco per la salute mentale, ha esplorato i meccanismi cerebrali che rendono questi dispositivi così irresistibili. La ricerca ha evidenziato come l’uso smartphone attivi gli stessi circuiti neurali associati alle dipendenze tradizionali.
Pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior, lo studio ha coinvolto 25 giovani adulti, di età compresa tra i 18 e i 30 anni, sottoposti a un esperimento di “astinenza digitale”. Per 72 ore, i partecipanti hanno dovuto limitare drasticamente l’uso del proprio dispositivo, consentendo solo comunicazioni essenziali.
Le analisi effettuate tramite risonanza magnetica hanno portato a un risultato sorprendente: la semplice vista di immagini su smartphone stimola le aree cerebrali legate al piacere e alla ricompensa, con un rilascio di dopamina simile a quello osservato in altre forme di dipendenza. Questo effetto non si verifica quando le stesse immagini vengono presentate in contesti differenti.
Secondo la dottoressa Tiziana Corteccioni, intervistata dal Corriere, questa dipendenza smartphone presenta sintomi analoghi ad altre forme di assuefazione, come insonnia e difficoltà di concentrazione. Il fenomeno è particolarmente evidente nell’uso di piattaforme social come TikTok, dove gli italiani raggiungono il record di quasi 30 ore mensili di utilizzo.
Per affrontare questa problematica, l’Istituto Superiore di Sanità raccomanda l’introduzione di zone “smartphone-free” in casa. Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di promuovere una riduzione smartphone attraverso la creazione di spazi senza dispositivi, come la camera da letto o il tavolo da pranzo.
Gli esperti sottolineano che la soluzione non risiede nell’eliminazione totale dello smartphone, ma nello sviluppo di una maggiore consapevolezza nel suo utilizzo. Questo approccio è particolarmente importante per le giovani generazioni, che risultano più vulnerabili agli effetti della dipendenza digitale.