IP condiviso o dedicato: come mettersi al sicuro

Quest’argomento è stato già trattato, sinteticamente, nelle WebMarketing FAQ di HTML.it, per cui mi propongo qui di approfondirlo nelle sue varie implicazioni.

Può accadere che i fornitori di hosting e spazio Web (italiani o esteri che siano) presso i quali si decide di acquistare il dominio per la propria azienda, ospitino su uno stesso server più siti Web, appartenenti anche a soggetti differenti, tutti associati allo stesso numero IP.

Ciò è un fenomeno molto diffuso, tanto che, da una ricerca effettuata qualche anno fa, più dell’87% dei domini Web condivide l’IP con uno o più domini aggiuntivi.

Qualcuno degli altri domini con cui si condivide l’IP potrebbe attuare pratiche di Web marketing scorrette oppure ospitare contenuti espliciti, che porterebbero ad una penalizzazione dell’intero IP (quindi anche degli altri domini aventi quel determinato IP) o nei casi più gravi al ban totale di qualsiasi sito associato a quell’IP (questo fenomeno è chiamato tecnicamente “overblocking”).

Per cui, quando acquistiamo uno o più domini presso un fornitore di hosting, accertiamoci sempre che il dominio in questione avrà un IP dedicato.

Se abbiamo già un dominio, possiamo usare il tool gratuito Reverse IP Domain Check, per sapere con chi condividiamo l’IP del nostro dominio; il tool in questione evidenzia in rosso i siti che potenzialmente ospitano contenuti espliciti o spam.

Vorrei qui portare l’esempio di una mia recente esperienza lavorativa come SEO consultant per azienda del settore turistico, che non riusciva a rendersi visibile sui motori di ricerca, pur avendo numerosissimi link da domini esterni anche rilevanti e riguardanti gli stessi argomenti.

Dopo una breve indagine, ho compreso il motivo della penalizzazione: l’azienda in questione aveva ben pensato di acquistare un centinaio di domini contenenti parole correlate alla propria attività; su tutti questi domini compariva una dummy page, cioè una pagina priva di contenuti, con una sola immagine e link alla home del sito ufficiale dell’azienda.

Il problema era che sia questi domini sia il portale aziendale vero e proprio erano ospitati sullo stesso server con lo stesso IP; gli spider di Google e degli altri motori potevano ben comprendere che tutti i cento domini non erano altro che una strategia per ottenere artificiosamente una maggiore link popularity e rilevanza per determinate parole chiave (contenute nei nomi dei domini).

Questo aveva portato non ad un totale ban dei domini in questione, ma solo ad una pesante penalizzazione, che annullava tutti gli sforzi fatti per promuovere il portale in altro modo e teneva il PR inchiodato a 2 decimi e posizionamento agli ultimi posti per tutte le ricerche.

Quello che ho fatto per ovviare al problema è far spostare il dominio dell’azienda presso un differente IP (ovviamente non condiviso con altri domini) e chiedere all’azienda di utilizzare gli altri domini (non necessariamente tutti quelli in loro possesso) per inserire informazioni utili agli utenti, contenuti e link a risorse correlate, rendendo ogni sito unico e differente dagli altri, e non più una “dummy page”.

I risultati sono stati positivi, il page rank è salito ma ciò che più conta è che per molte parole chiave rilevanti il portale è riuscito a comparire ai primi posti sui motori sia per ricerche in Italiano che in Inglese (con conseguente aumento di traffico), in un settore così agguerrito quale quello dei portali sul turismo e i viaggi.

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