iTunes? Un vampiro digitale

Pete Townshend, chitarrista dei The Who, ha criticato aspramente iTunes definendolo un "vampiro digitale" che dissangua gli artisti invece di aiutarli.
Pete Townshend, chitarrista dei The Who, ha criticato aspramente iTunes definendolo un "vampiro digitale" che dissangua gli artisti invece di aiutarli.

La notte di Halloween ha suggerito a Pete Townshend, chitarrista dei The Who, una nuova immagine per descrivere iTunes: un vampiro. Con dichiarazioni che spazzano definitivamente via il buonismo post-Steve Jobs, Townshend torna su una questione in ballo da anni: iTunes non avrebbe aiutato la musica e, anzi, l’avrebbe soltanto svuotata di risorse a seguito dei margini troppo alti praticati sui prezzi dei contenuti.

Townshend si riferisce ad iTunes esplicitamente come ad un “vampiro digitale” che dissangua gli artisti. In una intervista alla BBC, infatti, il chitarrista si scaglia contro il servizio Apple che più di ogni altro ha rivoluzionato il settore descrivendone un ruolo troppo parassitario, fenomenale nella distribuzione così come irresponsabile nei confronti del comparto. Townshend spiega insomma che le case discografiche curano e veicolano gli artisti per portarli sulla strada del successo, cosa che invece iTunes non fa (ma dovrebbe).

Questo chiede Townshend ad Apple: investire risorse nella ricerca dei talenti, mettere a disposizione la propria forza per nutrire la base del settore e, in buona sostanza, assumersi la responsabilità che fu delle case discografiche quando ancora iTunes non era il marketplace che poi è diventato.

Ma l’attacco contro iTunes è anche un attacco più generale contro Internet e contro il file sharing: secondo Townshend la Rete «ha distrutto il copyright per come lo conosciamo»: «La parola “condivisione” significa davvero dar via qualcosa che si è guadagnato, prodotto o pagato?».

L’analisi appare graffiante: emerge il rancore di un artista cresciuto nella generazione precedente ad Internet e che ad Internet non riesce a rapportarsi. Emerge una analisi acida di come il settore sia cambiato, della perdita dei riferimenti che rappresentavano le major e della difficoltà di adeguarsi al nuovo modo di pensare il comparto. Si tratta di una disamina che ha il merito di sottolineare opportunamente la necessità di avere un ruolo responsabile nei confronti dell’arte, perché assoggettare tutto al solo mercato rischia si svilire il valore della musica. Ma è questa altresì una analisi che ignora le colpe delle etichette e che non considera l’importanza di iTunes nel rilanciare la musica al di là della sola logica degli album.

Una analisi destinata a far discutere, insomma. Da non rifuggire con superficialità, ma da analizzare nella consapevolezza del fatto che iTunes fa parte dell’ineludibile e che la rivoluzione degli MP3 vada probabilmente oltre tutto quel che è stato il settore musicale per decenni: oltre gli album, oltre la tradizione. E oltre il copyright.

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